“Sicuramente la notizia che le aste al doppio ribasso sono finite fuori legge è una buona notizia, che è frutto della mobilitazione e dell’impegno nostro, della Flai-Cgil e di tanti altri soggetti. Ma, lavoro da fare per contrastare il caporalato e garantire il rispetto dei diritti di chi lavora nel mondo agricolo, ce n’è ancora tanto». A parlare è Fabio Ciconte, dell’associazione Terra! Onlus, autore, insieme a Stefano Liberti, del libro “Il grande carrello”.
Prima di tutto spieghiamo cosa sono e come funzionano le aste al doppio ribasso? Queste aste sono un meccanismo che è stato usato da alcune catene della grande distribuzione e soprattutto dai Discount per proporre super offerte su determinati prodotti. C’è chi, e Coop è tra questi, non ha mai usato questo strumento. Le aste si fanno per il pomodoro ma hanno riguardato anche il pecorino romano, quello che qualche mese fa ha scatenato la protesta dei pastori sardi. Asta significa che l’azienda raccoglie, con un sistema on line, un primo giro di offerte. Poi si fa un secondo giro che parte dall’offerta più bassa del primo. A questo punto, come nel gioco d’azzardo, si va per rilanci, o meglio ribassi successivi, decisi nel giro di pochi secondi. E’ chiaro che quando, come successo in un caso celebre dell’anno scorso, la gara vale 20 milioni di bottiglie di passata di pomodoro poi vendute sottocosto, questo meccanismo distorce il mercato che di quel prezzo tiene conto. Evidente che tutto ciò, visto che magari l’asta è fatta prima dell’inizio della raccolta, si scarica su tutta la filiera e rischia di incentivare meccanismi di sfruttamento o di lavoro nero di cui fanno le spese soprattutto i lavoratori e gli agricoltori. Anche la scoppio della crisi del pecorino fu un’altra dimostrazione di come queste forme così aggressive del mercato creano danni. E sul pecorino solo Coop fu in grado di riconoscere, in modo trasparente, il prezzo di 1 euro per i produttori di latte. Comunque ora, grazie al voto del Parlamento, questa stortura delle aste è stata eliminata. Anche se la nostra proposta è arrivata in aula per iniziativa delle opposizioni, alla fine c’è stata una convergenza di tutte le forze politiche.
Guardando più in generale, rispetto a temi come caporalato e lavoro nero, qual è la situazione considerato che l’estate è la stagione dove si concentra la raccolta specie nelle regioni del sud? Prendiamo la raccolta del pomodoro. C’è un fatto positivo e cioè che è cresciuta la raccolta meccanizzata che ora arriva a coprire l’85% del totale. Dunque c’è bisogno di molta meno manodopera e ciò risolve in parte il tema dello sfruttamento. Nonostante questo, per i 2 mesi di raccolta, c’è comunque bisogno di circa 800 persone al giorno. Cifra che aumenta se piove perché la raccolta meccanizzata si ferma. Su questa richiesta di lavoro si stanno scaricando gli effetti dei decreti sulla sicurezza varati dal governo. Molti stranieri che vengono forzatamente espulsi da percorsi di integrazione, hanno come sbocco quello di finire nei ghetti delle campagne pugliesi perché sono per loro l’unico luogo di rifugio. Così c’è un aumento vertiginoso di persone disponibili per lavorare nei campi, con fenomeni di concorrenza al ribasso”.
Ma l’azione di contrasto dell’illegalità da parte dello Stato ha fatto qualche passo avanti? Qualche segnale sta arrivando. A Foggia, ad esempio, c’è stata una importante operazione con diversi arresti. Sta anche aumentando la contrattualizzazione dei lavoratori, anche se ovviamente ci risultano molti casi in cui i contratti sono fittizi, nel senso che solo una parte del lavoro effettivamente svolto viene dichiarata.
Voi, come associazione Terra!, avete sempre riconosciuto che le catene della grande distribuzione non sono tutte uguali… Certo, questo è molto importante da ribadire, perché Coop è sicuramente il soggetto che si è mostrato più attento alle sollecitazioni della società civile e capace di svolgere controlli su tutta la filiera per tutelare i diritti dei lavoratori. Ma spero si possano fare ulteriori passi avanti. Noi proponiamo, ad esempio, di dichiarare in etichetta il prezzo che viene riconosciuto ai produttori su un determinato prodotto. Capisco che non è un’operazione semplice, che ci sono aspetti commerciali delicati. Ma se si fa questo si tolgono alibi a tutti. Come ho ricordato prima, Coop nel caso del latte dei pastori sardi, è riuscita a farlo. Andare sotto certi prezzi non è possibile se non a condizione che ci sia sfruttamento e mancanza di tutele. Per questo il secondo aspetto su cui crediamo Coop e le altre catene della grande distribuzione debbano lavorare, è quello di non usare solo la leva del prezzo nelle loro strategie di marketing.
Guardando invece dal punto di vista del consumatore, a cosa deve prestare attenzione nei suoi comportamenti? Quando trovi offerte per cui la passata di pomodoro vale pochi centesimi, ciò significa o che il prodotto ha una qualità scadente o che sono i lavoratori sono sfruttati. Il prezzo deve essere equo. Pagare un lavoratore correttamente è un bene per tutti. E in più ricordiamo che difendere l’agricoltura italiana vuol dire difendere un assett fondamentale per questo paese, un patrimonio da cui dipende buona parte del nostro sviluppo futuro.