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L’export di pasta italiana continua a crescere (più 5,4% nel 2013)

Piatto_pasta.jpgDa nove anni consecutivi l’export di pasta italiana nel mondo cresce. Nel 2013 il balzo è stato del 5,4% in più per un export complessivo di 1,9 milioni di tonnellate. L’export pesa per il 60% sulla produzione di pasta complessiva del nostro paese. Sul mercato interno, pur restando gli italiani i più grandi consumatori di pasta al mondo (con 26 chilogrammi a testa in un anno. Secondi, ma molto lontani, sono gli abitanti dei Venezuela con 12,3 chili), si registra un calo dell’1%.

Tornando ai dati sull’export, i paesi dove la crescita è più forte sono Germania, Francia, Regno Unito e Stati Uniti.

Il tema dei successi dei produttori di pasta made in Italy, è un classico esempio che aiuta a comprendere la complessità del tema dell’origine delle materie prime (con le polemiche che spesso ne derivano). L’Italia infatti, in base ai dati elaborati dal professor Marco Zuppiroli dell’Università di Parma che abbiamo pubblicato su Consumatori nel novembre scorso, ha un consumo interno di 1 milione e 483 mila tonnellate di pasta, ma un export che è pari al 220% di quanto produce (cioè 1,9 milioni di tonnellate).

Per alimentare questo grande successo della nostra industria agroalimentare, fondato sul riconoscimento della qualità della pasta italiana, ad esempio, la produzione di frumento duro del nostro paese (pari a 5 milioni e 766 mila tonnellate) non è sufficiente a coprire l’intero fabbisogno.

Dunque l’Italia importa frumento duro per 2 milioni e 323 mila tonnellate. Un intreccio complicato (lo stesso succede, con percentuali solo un po’ diverse, per il frumento tenero), fatto di entrate e uscite e di scambi commerciali, che si incrociano con la sacrosanta difesa del made in Italy.

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