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La vita comincia a 65 anni!

A guardarla, l’Italia, fa venire in mente il titolo del celebre film dei fratelli Cohen: anche se invecchia, non è ancora un paese per vecchi. Secondo Eurostat siamo i più anziani d’Europa con circa 13,78 milioni di persone con più di 65 anni, 7 milioni delle quali hanno superato la soglia dei 75 anni. Ma questi numeri non dicono tutto. Gli “over” italiani non sono solo una fetta corposa della società, ne sono una parte fondante, che in molti casi fa da stampella (anche economica) ai più giovani, ha potere di spesa, chiede nuovi prodotti e servizi, ma anche di restare attiva e partecipare. Come? Grazie ad alimenti su misura, strumenti e servizi per monitorare la salute, assistenza sanitaria sul territorio, qualcuno che dia una mano con la burocrazia e nuove occasioni di socialità e integrazione, come antidoto alla solitudine.

I desideri non invecchiano La fotografia arriva dall’indagine “Chi sono, cosa fanno e cosa desiderano i Silver italiani”, dove per “silver” si intendono le persone sopra i 50 anni, con particolare riferimento a chi ha superato i 65. Lo studio è stato commissionato a Format Research dal Centro studi e ricerche Itinerari previdenziali con il patrocinio di ASviS e FuturaNetwork.

Leggendo il rapporto si scopre che chi si trova negli “anni d’argento” ha una forza economica che vale tra il 20 e il 30% del prodotto interno lordo italiano. Come ha spiegato, numeri alla mano, il presidente di Itinerari previdenziali Alberto Brambilla durante la presentazione: «Le famiglie con un capofamiglia over 65 possiedono il maggiore patrimonio immobiliare e sono quelle che stanno meglio finanziariamente». Certo, dentro le medie nazionali ci sono fasce di popolazione fragili: le donne, ad esempio, hanno pensioni medie fino a 8 mila euro più basse degli uomini, e ancora 2,1 milioni di pensionati percepiscono un assegno minimo, di 515 euro.

È un fatto, però, che la generazione d’argento sia l’unica classe anagrafica il cui livello di povertà è diminuito negli ultimi dieci anni e l’unica che ha visto aumentare il proprio reddito medio equivalente (di circa 300 euro). In più, secondo l’indagine, i silver sono quelli maggiormente predisposti ad acquistare o usufruire di beni e servizi riguardanti la cura della persona e della salute, ma anche il tempo libero, come viaggi e ristoranti.

Benché pochissimi diano il giusto peso alla prevenzione – meno di uno su tre fa esercizio fisico o camminate – il timore di perdere l’autosufficienza o avere problemi influenza in primo luogo le scelte alimentari. La spesa per “corretta alimentazione” è la seconda voce nei loro bilanci.

Ma non è tutto qui. «La nostra è una società che invecchia, ma non lo sta facendo in buona salute – ha spiegato Brambilla – e questo fa sì che si affaccino nuovi bisogni legati alla cura e all’assistenza. I nuovi prodotti e servizi dovranno servire soprattutto a rispondere a questo».

Una casa su misura  Tra i più richiesti nel prossimo futuro, oltre a farmaci e a protesi, ci sono infatti alimenti dietetici e cibi pronti porzionati, prodotti elettromedicali per il controllo dei parametri vitali, accessori di domotica con servizi di allarme per persone sole, ma anche abbigliamento e calzature comode, così come servizi di assistenza finanziaria ad hoc, con prodotti come polizze per l’assistenza sanitaria integrativa.

Anche la casa è al centro dei nuovi bisogni. «La maggior parte delle abitazioni non è attrezzata per affrontare i problemi legati alla non autosufficienza e alla disabilità, solo il 23% è stato adeguato con ascensori o con l’abbattimento di barriere architettoniche», è la sottolineatura di Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat e componente del Comitato tecnico scientifico di Itinerari previdenziali. «Ma gli anziani di oggi sono differenti da quelli di cinquant’anni fa, le abitazioni non possono diventare una prigione, andranno ridisegnate perché divengano più funzionali anche per le persone con limitata capacità di movimento». A questa necessità si aggiunge l’esigenza di amministrarle e gestirle quotidianamente, le case.

Ci vorrebbe il maggiordomo Nell’era delle bollette digitali, dello Spid e dell’home banking, anche la gestione dei pagamenti e della burocrazia può diventare un peso. Non suona per questo così insolito che quasi il 70% dei silver consideri una buona idea il poter far affidamento su una persona che se ne occupi: una sorta di “maggiordomo” impegnato non nelle faccende domestiche, ma nel gestire bollette, rapporti con la banca e con la compagnia di assicurazione.

L’era della “silver economy” sembra insomma avviata. Ma il cambiamento dovrà investire anche la sfera sociale, risolvendo quei bisogni che i beni materiali non possono soddisfare. Oggi il 30% dei silver vive solo, ed entro il 2040 i nuclei unipersonali di over 75 raggiungeranno un milione e 200 mila unità. Una condizione che può generare isolamento, solitudine e aggravare le difficoltà mano a mano che l’autonomia personale si indebolisce.

La società che abbiamo costruito non è disegnata per loro. Ecco perché, ha sottolineato alla presentazione del rapporto Roberto Mazzotta, ex deputato e presidente Cariplo e Bpm, ora che nei quartieri sono spariti circoli, oratori e sedi di partito dove si faceva inclusione sociale, bisogna valorizzare le competenze degli anziani al servizio della collettività. Già ora, nonostante i rischi per la salute, i nostri “over” continuano a fare da impalcatura al resto della famiglia: il 63% di loro assiste un familiare, che sia un figlio, i nipoti o una persona fragile. «Volendo ipotizzare che il 40% di loro dedichi una media di 4 ore al giorno per 5 giorni a settimana, e stimando un valore prudenziale di 10 euro l’ora, il valore economico offerto dai silver in questo campo sfiora i 50 miliardi l’anno», ha detto Alberto Brambilla.

L’appello è alla politica, che deve guardare al mondo degli italiani più maturi non più solo come a un problema da risolvere, ma come una risorsa da mettere a frutto. Perché il nostro diventi davvero un paese per vecchi, e per tutti.

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