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Italia, per chi paga pressione fiscale da record: siamo al 44%

Per chi paga pressione fiscale record: siamo al 44%
L'Italia tra riforme e lotta all'evasione

In tema di fisco l’Italia è davvero terra di primati. Primati divergenti, ma primati. Perché se da un lato è ampiamente dimostrato come l’evasione trionfi, sull’altra faccia della stessa medaglia risalta però il fatto che, per quelli che pagano, le imposte siano tante. Per ammissione dello stesso Governo, con l’ultima manovra la pressione fiscale è destinata a crescere di un più di un punto, per arrivare al 43,7% sul Pil. L’esatto opposto di vecchi e mai applicati cavalli di battaglia di questa maggioranza, come il celebre slogan "meno tasse per tutti".
Anzi, secondo una indagine della Confesercenti, nel 2013 la pressione fiscale, sempre per colpa delle norme già adottate con la recente manovra, crescerà sino al 44,8% a causa dei tagli alle agevolazioni esistenti (detrazioni e deduzioni), che dovranno valere 20 miliardi. E 20 miliardi di agevolazioni in meno, sono 20 miliardi di tasse in più. Sempre secondo Confesercenti, se si considera l’Europa a 27, l’Italia è tra i 6 paesi dove la pressione fiscale tra 2000 e 2009 è cresciuta (di quasi 2 punti), mentre negli altri 21 è calata.
La graduatoria Ocse, aggiornata al 2010, dice che l’Italia, come pressione fiscale è al terzo posto assoluto, col 43,5% (sul Pil), dietro solo a Danimarca (48,2%) e Svezia (46,4%), dove però ben diversa è l’efficienza della macchina statale e la qualità dei servizi pubblici che il cittadino riceve in cambio.
Dunque è evidente che muoversi tra questi due corni del problema (evasione record e alto livello di tassazione) non è semplice. O meglio, rende evidente che lo sforzo, necessario e atteso, per colpire gli evasori in maniera efficace e sistematica, non esaurisce il problema. Una riforma fiscale complessiva, di cui da anni si parla, dovrebbe anche prevedere misure di semplificazione e riequilibrio delle aliquote. Peccato però che la Corte dei conti abbia già detto che il Disegno di legge governativo di riforma del fisco, il cui percorso di approvazione è ovviamente pieno di incognite, è senza copertura finanziaria.
Stando comunque sul piano della lotta all’evasione, tanto per citare due tra le cose più semplici che si potrebbero fare (oltre ovviamente all’attività di accertamento e contrasto svolta con crescente successo da Guardia di Finanza e Agenzia delle entrate), c’è la scelta di favorire il denaro elettronico e imporre la tracciabilità dei pagamenti.
Una cosa che l’attuale Governo ha reintrodotto controvoglia (il limite ora è 2.500 euro), dopo aver cancellato le misure già in vigore volute dal governo Prodi (che valsero al ministro Visco l’accusa di vampiro).
Ed è anche bene ricordare che il sistema di imprese (nel manifesto per l’Italia presentato a settembre) già propone che il limite per la tracciabilità e l’uso di contante sia abbassato a 500 euro. Altra cosa su cui molte voci chiedono di insistere è il cosiddetto "contrasto di interessi", cioè favorire quelle situazioni in cui ai cittadini è conveniente chiedere la fattura perché possono dedurre le spese sostenute. Esempi meritori in tal senso sono le detrazioni fiscali del 36% sulle ristrutturazioni edilizie e del 55% per interventi che migliorino l’efficienza energetica.   

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