Io, studente deluso da questa università
Ho sulla scrivania il numero di Consumatori di settembre e il servizio intitolato “Non è un paese per laureati”, che ho letto attentamente. Ora sento il bisogno di scrivere. Si raccontava la storia di una studentessa di Medicina, Cristina, di 27 anni; poiché io sono studente di Medicina prossimo a conseguire il titolo accademico, capisco e condivido pienamente quanto letto. Cristina sostiene di avere faticato moltissimo, per me è stato lo stesso; per i miei genitori si è trattato di un autentico salasso finanziario e non ho mai avuto servizi adeguati. Ciò che però mi addolora maggiormente è la scarsa – se non nulla – disponibilità dei docenti: innumerevoli volte sono andato a chiedere spiegazioni e mi sono sentito rispondere di consultare Internet in quanto loro non avevano tempo. Sono pienamente d’accordo nel dire che all’Università si è lasciati completamente soli. Cara collega Cristina, vorrei dirti che non sei stata l’unica ad aver faticato! Anch’io, come te, ora spero di raccogliere i frutti… una cosa però so per certa: sono rimasto estremamente scontento delle Facoltà di Medicina italiane, per cui non so se resterò in questo Paese. Auguri, comunque! Dopo i sacrifici, spero verrà la gioia.
Giorgio “studente deluso” – Genova
Pubblichiamo volentieri una delle numerose lettere (ma tante sono state anche le telefonate) che abbiamo ricevuto a proposito del nostro servizio dedicato ai temi dell’università in Italia. Abbiamo evidentemente toccato un nodo assai sentito. Oltre ai ragazzi anche diversi genitori ci hanno segnalato la fatica del percorso universitario, ma ancor più le difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro, a veder riconosciuta la propria capacità e competenza. Siamo un paese che evidentemente ancora poco si fida delle nuove generazioni, che ha poca voglia di dar fiducia e spazio a chi comunque rappresenta il futuro. Una situazione amara che rischia di indurre tanti, come anche la lettera paventa, ad andarsene all’estero. Una conferma in più che occorre invertire la rotta, fare scelte coraggiose, su un terreno che non è solo politico ma anche culturale. Del resto, quando abbiamo scelto di fare il nostro servizio sull’università, proprio questo ci aveva colpito. L’idea di un paese spaventato e impaurito, incapace di reagire e che così rinuncia al proprio futuro.