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Intervista al cacciatore di bufale Paolo Attivissimo

paolo_attivissimo.jpgDiscovery Channel addirittura produce una trasmissione, “Miti da sfatare” e la Rai ha in Piero Angela il suo nume tutelare. Su Internet, il sito Snopes contiene una delle maggiori collezioni di bufale e leggende metropolitane, mentre in lingua italiana spicca il “Servizio Antibufala” di Paolo Attivissimo (www.attivissimo.net), il noto giornalista, scrittore, blogger e conduttore della Radio svizzera. Attivissimo dal 2002 ad oggi ha realizzato oltre 350 indagini antibufala catalogate sul suo blog “Il disinformatico.

Cosa pensa del tonno radioattivo e di altre leggende sui prodotti alimentari. Paure dell’uomo o c’è dell’altro?
Le bufale che persistono nel tempo anche a fronte di smentite, sono quelle che suscitano un’emozione intensa, per esempio la paura, e toccano un argomento vicino a noi e delicato, come l’alimentazione o la salute. Gioca un ruolo importante anche il pregiudizio: nel caso del tonno radioattivo  l’idea diffusa che il cibo industrializzato sia malsano e manipolato in modo sconsiderato. A volte lo è, ma gli enti di controllo non stanno a dormire come insinuano questi pregiudizi. Non si tratta però soltanto di paura: c’è di mezzo anche un sentimento positivo come l’altruismo, che spinge chi in buona fede abbocca alla falsa notizia a mettere in guardia gli amici. Proprio perché c’è di mezzo l’emozione, dobbiamo sforzarci di essere razionali nell’esaminare gli allarmi che ci arrivano.

Cosa dobbiamo fare, allora, davanti a una mail sospetta? Da dove partire?
So che non è facile, ma dobbiamo essere cinici: la stragrande maggioranza degli allarmi è infondata o perlomeno distorce gravemente i fatti. Se non abbiamo tempo di controllare, per esempio immettendo in Google le parole più significative dell’appello (nomi di persone o di luoghi, termini inconsueti) seguite da “hoax” o “bufala” per vedere se qualcuno ha già indagato, è opportuno non diffondere nulla. So che molti pensano che “nel dubbio io inoltro a tutti, male non fa”, ma in realtà molti di questi appelli fanno male eccome, per esempio generando angosce inutili e danneggiando i lavoratori che producono l’alimento o il prodotto citato.

Che percentuali di successo hanno i cacciatori di bufale? E i normali navigatori del web?
Se il successo è scoprire l’origine e la veridicità o meno di un appello, allora la percentuale è altissima: sono rari i casi irrisolti per i quali non si riesce a determinare perlomeno se l’appello dice il vero o no. Ma se il successo è far cessare la circolazione di una bufala, allora le cose cambiano: è un risultato molto raro. Fra gli internauti domina invece l’insuccesso in entrambi i sensi: purtroppo sono pochissimi coloro che si soffermano a valutare razionalmente gli appelli ricevuti, anche se ho notato un leggero miglioramento negli ultimi anni. Purtroppo anche la sensibilizzazione del pubblico da parte dei cacciatori di bufale riesce poco, anche per via dello spazio sproporzionato che viene concesso dai media a panzane e allarmismi. 

Perché il pensiero anti-scientifico ha tanta presa?
Perché è facile e ci fa sentire parte di un gruppo. È molto più facile dire “le cose chimiche fanno male” che rendersi conto che tutto, in natura, è chimica (e che la stricnina o il botulino sono naturali ma uccidono lo stesso); è molto più facile dire di no a tutto ciò che è nuovo invece di chiedersi quali novità sono positive e quali aspetti consolidati della nostra vita sono in realtà dannosi. Viviamo in un’era totalmente tecnologica, eppure spesso le persone si vantano di non avere alcuna competenza nelle materie scientifiche. Il pensiero anti-scientifico mette al riparo dalla meravigliosa complessità dell’esistenza e riduce tutto a bianco e nero, buono e cattivo, “chimico” e “naturale”, amico o nemico. Fondamentalmente, l’anti-scienza è pigrizia.

 dicembre 2013

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