“A ormai sei anni dall’inizio della crisi, di quei meccanismi del sistema finanziario che proprio della crisi sono stati la causa, è cambiato poco o nulla. E anzi siamo davanti a inquietanti scenari per cui si stanno inoculando al malato, che è il sistema finanziario mondiale, le stesse sostanze che hanno generato la crisi”.
Parola di Marco Onado, docente di sistemi finanziari all’Università Bocconi di Milano e uno dei massimi esperti di quanto avviene nel mondo dei mercati, dove il denaro è la merce che viene venduta e comprata.
Lo scenario di queste settimane è strano, perché propone notizie (specie per noi italiani) positive: oltre alle borse che hanno registrato una notevole crescita, c’è il fatto che l’ormai familiare spread è sceso stabilmente sotto quota 300. Il che significa che lo Stato paga meno interessi sui titoli di Stato che emette e dunque risparmia parecchio. Avendo l’Italia un debito sopra i 2.000 miliardi di euro, l’andamento attuale dei tassi può significare un risparmio anche di 4/5 miliardi. L’equivalente, tanto per capirci, di quanto paghiamo di Imu sulla prima casa, o di quanto dovremo pagare se a luglio aumenta l’Iva.
Ma dietro a questo trend, sta un meccanismo che ha anche aspetti decisamente inquietanti e preoccupanti: le banche centrali (soprattutto di Usa e Giappone) stanno inondando il mercato di soldi. Dal 2007 ad oggi la quantità di moneta in circolazione è aumentata di 22mila miliardi di dollari, offerti a tassi vicini allo zero.
Banche e investitori ovviamente ringraziano e con le tasche piene di soldi si mettono a investire, e per cercare rendimenti migliori (guadagnare è il loro mestiere…) comprano prodotti sempre più rischiosi. Dunque, e la cosa vale anche per i titoli di Stato italiani, nella corsa a comprare i rendimenti si abbassano.
La notizia è buona per lo Stato che paga meno interessi, ma vuol anche dire che qualcuno si sta mettendo nella cassaforte titoli che poi potranno valere molto meno. Esattamente quanto successo nel 2007 e 2008 con i famigerati mutui subprime negli Usa.
Ad oggi quel che tutti gli esperti dicono che fin che le Banche centrali pompano tutto bene, ma se a un certo punto l’aria dovesse cambiare, allora come dice il professor Onado “meglio allacciarsi le cinture di sicurezza”.
Professor Onado, se la crisi partì proprio dal sistema finanziario, perché siamo ancora a questo punto?
Il problema fondamentale è che nel 2007 e 2008 si è scoperto che le banche erano molto più fragili di quanto si pensasse. Per cui è stato necessario rimettere a posto il sistema. Negli Usa hanno quasi finito, mentre in Europa non siamo neppure a metà dell’opera. Mettere a posto il sistema bancario vuol dire ricapitalizzare e far pulizia nei bilanci. In quasi tutti i paesi ciò ha voluto dire un forte ricorso all’intervento dello Stato e quindi alle tasche dei contribuenti. In Inghilterra, in Irlanda, in Belgio si sono messi soldi pubblici direttamente nel capitale delle banche disastrate, parliamo di miliardi e miliardi di euro. All’inizio in Italia per queste cose sono bastate poche briciole, poi è arrivato il caso Monte dei Paschi e anche qui si parla di miliardi.
Tornando a ciò che si sarebbe dovuto cambiare, negli Usa il presidente Obama si è battuto, facendo approvare un corposo provvedimento…
Il testo varato negli Usa, il Dodd-Franck Act, è estremamente complesso. Sono più di 2.000 pagine piene di enunciazioni che i diversi soggetti, dalla Sec (la società che controlla la Borsa) alla Banca Centrale, devono poi tradurre in regole pratiche. Questa complessità, unita al fortissimo potere di interdizione delle lobby, che non ne vogliono sapere di vedersi ristretto il campo d’azione, ha fatto sì che siamo ancora sostanzialmente fermi. Riconosco che lo sforzo riformista di Obama fosse genuino, ma ci si è lasciati prendere la mano dal voler intervenire su tutto e il risultato è che una delle ultime copertine dell’Economist ci racconta che le banche d’investimento (Goldman Sachs, Morgan Stanley, JP Morgan ndr) sono più forti che mai e hanno ripreso a fare tutto quello che facevano prima della crisi. Ogni tanto qualcuna finisce sotto accusa per operazioni sui derivati o altro, ma questi continuano come se niente fosse.
Invece in Europa cosa sta avvenendo?
Qui si è indicato un principio assolutamente ragionevole, e cioè quello di separare l’attività bancaria al servizio dell’economia reale da quella di investimento, ma poi si sta andando avanti in ordine sparso. L’Unione europea sta elaborando una proposta, ma l’Inghilterra si è mossa da sola perché in realtà dell’Europa gliene importa ben poco. Poi è arrivata la Germania, poi la Francia. Il punto è che ognuno pensa a difendere i suoi interessi nazionali ritagliando le regole a misura delle esigenze dei propri istituti di credito. La Deutsche Bank è la più grande investment bank europea, in Francia hanno Société Générale e così via…
Fatto sta che la grande liquidità presente sui mercati mondiali porta dentro di sé grandi rischi…
Il problema è che per salvare le banche si stanno iniettando enormi dosi di liquidità sul mercato a costo zero. E la bolla del 2007 è scoppiata esattamente per questo stesso motivo, un eccesso di liquidità che si riversa su titoli inadeguati e rischiosi. La buona notizia delle borse che raggiungono livelli record ha il suo riflesso negativo nel fatto che i junk bond, i titoli “spazzatura” e più rischiosi, sono ai minimi storici perché si compra di tutto senza una valutazione del rischio. Le banche centrali si sono mosse da sempre per combattere l’inflazione. Ma oggi, con una inflazione ai minimi, credo dovrebbero preoccuparsi non solo del prezzo della zucchina al mercato, ma anche degli aumenti di prezzo delle attività reali e finanziarie, che possono derivare dalla speculazione che usa proprio liquidità a tasso zero. Se qualche speculatore ci rimette dei soldi nessuno piange, ma l’esperienza insegna che in caso di instabilità sui mercati, un paese come l’Italia paga subito dazio.
Ne vien fuori un quadro impressionante…
La lettura dei fatti non può che andare in questa direzione. Il dato che emerge da questi anni è che c’è una impressionante debolezza della politica, sul piano globale e non solo italiano.
Ma il nuovo governo Letta in che misura potrà essere influenzato da questo scenario?
Il problema delle banche italiane non deriva certo dalle speculazioni fatte in passato. Ma quando si vive in un paese che è al settimo trimestre consecutivo di caduta del Pil significa che siamo in una fase che non ha precedenti dall’unità d’Italia ad oggi. Dati di calo superiori a quelli di questi anni li abbiamo visti solo durante le due guerre mondiali. Così nessun sistema produttivo né finanziario può reggere. È il sistema paese, nel suo insieme, che deve rialzarsi.
Giugno 2013