l presidente può essere un prestanome e la sede un luogo virtuale; magari si applicano contratti di lavoro fasulli o addirittura i lavoratori sono costretti a restituire una parte dello stipendio; o ancora si lavora 8 o 10 ore ma ne vengono segnate e pagate meno; oppure i soci non sanno di essere soci, il bilancio è avvolto nelle nebbie e i contributi non vengono versati. Purtroppo parliamo di cooperative, anzi di false cooperative, una presenza, quella delle false cooperative, che è cresciuta negli ultimi anni per colpa della pesante crisi economica, della crescente fame di lavoro ma anche per una normativa inadeguata e con troppi buchi. Sono imprese quasi sempre dalla vita breve, che in una girandola di nomi fittizi, nascono a muoiono in pochi mesi per sfuggire a controlli spesso troppo lenti. Così quando scoppia il problema l’azienda è già “svanita” e dunque difficilmente i lavoratori possono recuperare stipendi non pagati o lo Stato rivalersi per tasse non pagate e via discorrendo.
Purtroppo, quando di una di queste false cooperative si finisce per parlare su televisioni e giornali, per un qualche scandalo o vertenza che esplode, dato che di coop (a volte scritto con la maiuscola aiutando la confusione) e cooperazione si parla, per gran parte dell’opinione pubblica il tutto finisce in un unico calderone che mette tutti sullo stesso piano: chi agisce rispettando diritti, leggi e contratti e chi invece di tutto ciò se ne frega.
Proprio per questo, la cooperazione sana ha nelle false cooperative un nemico pericolosissimo e non a caso l’Alleanza delle cooperative italiane, quella costituita da Legacoop, Confcooperative e Agci (che rappresenta più di 39 mila delle oltre 75 mila cooperative esistenti nel nostro paese) ha già da tempo promosso una raccolta di firme (conclusa nel 2016 e che ha avuto oltre 100 mila adesioni) a sostegno di una legge di iniziativa popolare proprio per mettere urgentemente in campo strumenti che consentano di combattere questo fenomeno . Nella scorsa legislatura il percorso si è avviato e qualcosa si è fatto, ma non si è riusciti ad arrivare ad approvare una vera e propria legge organica in merito. Ora, col nuovo Parlamento nato dopo il voto del marzo 2018, l’auspicio è che il cammino interrotto possa riprendere rapidamente.
«La buona cooperazione – spiega il presidente di Legacoop, Mauro Lusetti – ha in questo tipo di imprese un nemico dichiarato. Chi non rispetta i contratti alla fine fa dumping sociale, andando a comprimere il costo del lavoro e così mette in difficoltà le imprese cooperative sane. Per questo per noi è prioritario combattere la violazione delle regole del lavoro. E’ un tema urgente e prioritario anche per combattere la committenza che abusa e beneficia di un illegittimo vantaggio competitivo. Chiediamo al governo ai aprire subito un tavolo di confronto».
Presenti soprattutto in settori come la logistica, le false cooperative quasi sempre non aderiscono a centrali cooperative. Del resto, come evidenziato in precedenza, l’Alleanza delle cooperative italiane (dato da molti ignorato) rappresenta neanche la metà delle cooperative esistenti nel nostro paese. E aderire a una delle centrali significa essere sottoposti a revisione biennale, da parte di revisori coordinati dalle stesse centrali, per accertare la reale natura mutualistica della cooperativa.
Approfittando di controlli assenti e comunque poco tempestivi, le false cooperative hanno, per scelta di chi le organizza, vita breve: 2 o 3 anni al massimo. Poi la cooperativa muore e chi aveva crediti resta con un pugno di mosche in mano perché l’azienda non esiste più. Salvo poi scoprire che, magari sfruttando inconsapevoli prestanome, l’attività è già ripartita, pronta a ripetere il giochino.
«Deve essere chiaro a tutti che un fenomeno come quello della falsa cooperazione – spiega Antonio Zampiga, responsabile dell’ufficio Relazioni Industriali di Legacoop – non si sconfigge con un colpo di bacchetta magica. Serve invece la collaborazione di una pluralità di soggetti e noi siamo pronti a fare la nostra parte, al fianco di sindacati e istituzioni pubbliche. Non a caso come Alleanza delle Cooperative abbiamo promosso anche la campagna “Massimo ribasso, minimi diritti” sull’applicazione del codice degli appalti, istituendo anche un Osservatorio sui contratti pubblici al fine di identificare buone prassi che permettano di promuovere e favorire la cultura della legalità a favore delle “buone imprese”. Ma deve aumentare anche la capacità di fare controlli da parte degli organi ispettivi preposti, così come deve intervenire una normativa specifica come noi abbiamo sollecitato con la raccolta di firme».
Zampiga sottolinea anche che le irregolarità rilevate dalle ispezioni ministeriali, debbano essere analizzate correttamente: «Premesso che nelle cooperative che non aderiscono alle centrali la percentuale di irregolarità è molto più alta – spiega Zampiga – c’è poi da dire che le statistiche mettono sullo stesso piano una piccola irregolarità formale con una evasione contributiva o altre cose ben più gravi. In più, le ispezioni non forniscono un campione statisticamente rappresentativo, ma partono sempre da segnalazioni che vengono dagli Osservatori sulla cooperazione presenti a livello regionale o provinciale, ai quali partecipano attivamente organizzazioni sindacali e centrali cooperative. Dunque ci si muove solo dove si pensa ci siano problemi, non importa se piccoli o grandi. Ciò rischia di fornire una fotografia distorta. La sostanza vera che va ribadita con forza è che la cooperazione che aderisce a Legacoop e all’Alleanza delle cooperative italiane, coerentemente con i propri valori fondativi, è fortemente impegnata a rispettare e far rispettare normative, regole e diritti. Perché solo così la buona e vera cooperazione può crescere, dare lavoro e aiutare il paese a costruire il suo sviluppo».