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Il paese immobile, sotto i colpi della crisi

Piazza_BO.jpgUn paese immobile, nel quale, sotto i colpi di una crisi che dura ormai da 6 anni, aumentano in maniera consistente le disparità sociali. Pochi che hanno molto e tanti che hanno sempre meno e fanno fatica a quadrare i conti a fine mese. Un paese che invecchia e che ha poco da offrire ai giovani, vittime “privilegiate” di una disoccupazione che continua a crescere. Poi, certo, le famiglie si sono inventate percorsi di sopravvivenza, ridefinendo le priorità di acquisto, facendo rinunce e cercando di difendere piccole oasi di auto-gratificazione.
È questa la fotografia dell’Italia 2013 che viene fuori dal rapporto Coop “Consumi e distribuzione”, presentato a Milano nelle scorse settimane. “Il 2012 è forse stato l’anno peggiore, ma il 2013 ci si avvicina molto e di certo non propone alcun segno di inversione di tendenza” spiega il vice presidente di Ancc-Coop (l’Associazione cooperative di consumatori), Enrico Migliavacca.
A certificare questo giudizio le decine di tabelle e i tanti dati che (assieme a Ref Ricerche) l’Ufficio studi Coop, guidato da Albino Russo, ha messo insieme. Così continua a calare il Pil (-2,4% nel 2012, -1,6% nel 2013), come cala il reddito disponibile (-4,8% nel 2012, -1,4% nel 2013) e calano i consumi (-4,3% nel 2012, -2,2% nel 2013). E la pesantezza sempre meno sopportabile di questi numeri deriva dal fatto che questi cali si sommano a quelli degli anni precedenti, per cui dal 2007 ad oggi il reddito procapite nel paese è calato del 10%.
Ma se questo meno 10% è la media complessiva, va subito aggiunto che solo un terzo di chi ha redditi medio alti sente la propria condizione peggiorare perché direttamente toccata dalla crisi. Mentre tra chi ha redditi medio bassi il peggioramento tocca il 76,3%. Questo significa 9 milioni di persone in condizioni economiche critiche (cioè che non possono far fronte a una spesa imprevista di 800 euro). Dentro a questi 9 milioni, 5 sono a rischio povertà (cioè hanno un reddito inferiore del 60% al reddito mediano del paese) e, addirittura, 3 milioni sono a rischio deprivazione perché non possono permettersi un pasto proteico adeguato ogni 2 giorni. Da questo punto di vista il nostro paese non viaggia lontano dai dati greci avendo già superato (in negativo) la Spagna, specie riguardo ai giovani. Tra i 15 e i 24 anni il nostro tasso di disoccupazione è del 39,2%. In 5 anni, in questa fascia di età i disoccupati in più sono 714 mila, considerato che abbiamo 3,3 milioni di disoccupati totali.
Siamo anche un paese che invecchia: rispetto al 1975 l’età media si è allungata di 10 anni (79,4 anni per gli uomini, 84,4 per le donne). Non sorprende dunque che ci sia un 49% di persone sole o coppie senza figli sul totale della popolazione e che il 59% di giovani tra i 18 e i 34 anni vivano ancora in famiglia.
Guardando più nel dettaglio ai consumi, il rapporto Coop evidenzia come i soli prodotti la cui vendita continua a crescere sono smartphone (nel 2013 ne sono già stati venduti 8,6 milioni) e tablet (nel 2013 siamo già a 2 milioni). Per tutti gli altri siamo, se va bene ad andamenti piatti o col segno meno. Dall’inizio della crisi la spesa per  arredamento ed elettrodomestici delle famiglie è calata di 5,6 miliardi di euro. Nell’abbigliamento e nelle calzature siamo rispettivamente a un meno 12% e meno 27%. Nel 2013 sono 4,1 milioni di italiani in meno ad aver programmato una vacanza. Guardando agli alimenti crolla il consumo di carni (specie quelle bovine -12,9%) e del pesce (-11,3%), ma calano anche frutta (-3,2%) e ortaggi (-2,6%). Per l’81% delle famiglie la crisi ha cambiato le abitudini di consumo. Un 54% compra solo l’essenziale, un 52% cerca le promozioni, un 30% compra meno.
Forse con qualche beneficio per la salute calano anche i consumi di sigarette e alcolici (-4% i vini, -3% superalcolici e amari, -14% in due anni per le sigarette) e addirittura nel comparto caffè e tè (in 6 anni -21%).
Guardando a un andamento sul lungo periodo, fa decisamente impressione vedere come la spesa alimentare, che 40 anni fa valeva il 35% dei consumi, oggi incida solo per il 15%. Un mutamento strutturale profondo, segno che comunque il fronte dei bisogni e delle offerte si è allargato sempre più nel corso degli anni. Oggi la spesa alimentare procapite viaggia sui 2.400 euro annui, con una  flessione del 14% dal 2007 al 2013.
In questo fiume di segni meno ci sono però spazi che hanno resistito, aspetti su cui le famiglie hanno deciso di non rinunciare. Ci sono cose curiose, come l’aumento continuo delle vendite di Viagra, di farmaci per problemi erettili e di accessori per il cosiddetto sexual entertainment (+8%); oppure fatti che possono solo essere letti come la ricerca di scorciatoie per sfuggire alla crisi come la crescita di lotterie e giochi d’azzardo (specie on line). Il fiume di denaro speso in questo settore nel 2013 potrebbe arrivare a 100 miliardi di euro, con un 47% di italiani che ha giocato almeno una volta. Ovviamente, tra le conseguenze amare (di cui si è molto parlato anche in queste ultime settimane) ci sono anche i 3 milioni di italiani a rischio di ludopatia, ovvero persone per le quali il gioco diviene una malattia che brucia la mente e svuota il portafoglio.
Per finire con note un po’ più lievi, nelle pieghe della crisi ci sono anche 1,3 milioni di italiani che hanno incominciato a curare un proprio giardino o orto, mentre continua ad aumentare l’attenzione verso una alimentazione corretta e salutista. Cresce, in decisa controtendenza, il consumo di prodotti biologici (+17%) sul 2011 con un fatturato di 738 milioni di euro. Classificando i carrelli della spesa per tipologia di prodotti che li compongono cresce il carrello etnico, non solo per la presenza di immigrati, ma anche per il desiderio di sperimentare gusti e sapori nuovi.
Pesa poi sempre più anche l’e-commerce, cioè l’acquisto di prodotti via internet che ha superato i 10 miliardi di euro (più 20%). La voce più importante (38%) sono i viaggi e i trasporti, seguiti dall’informatica (15%) e dalle telecomunicazioni (9%). Cresce il numero di persone che va nei negozi a conoscere i prodotti e poi torna a casa e se li compra on line. E anche questa è una modifica strutturale destinata a restare anche quando (speriamo presto) la crisi sarà finita.

Bibi Bellini (ottobre 2013)

 

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