In un momento dove la spesa sociale è bersaglio delle ‘spending review’, la Commissione Ue invita a rivedere le strategie nazionali perche’ la spesa sociale non e’ solo un consumo ma anche un investimento che consente una crescita inclusiva. Ad esempio, spiega Bruxelles, in Italia la scarsa spesa sociale ha anche determinato l’aumento dei poveri e impedisce l’inserimento delle donne nel mercato del lavoro, quindi gioca a sfavore della crescita.
Secondo i dati della Commissione Ue, che oggi ha chiesto agli Stati membri di rivedere la propria spesa sociale, la crisi ha esacerbato la pressione sociale ed economica: circa 120 milioni di persone, cioe’ il 4% della popolazione Ue, è a rischio di povertà, la disoccupazione ha raggiunto il record del 10,7% e quella giovanile è al drammatico livello di 22,7%. In Italia il numero dei poveri e’ passato dai 15.099.000 milioni del 2008 ai 17.112.000 del 2011. Dati che spingono la Commissione a chiedere agli Stati di investire nella spesa sociale perchè, ad esempio, bassa spesa in istruzione o formazione ha effetti sulla forza lavoro che diventa meno qualificata e di conseguenza sfavorisce la competitivita’. Spiegano i tecnici che non e’ solo una questione di aumentare quanto si spende per istruzione, aiuti all’infanzia, formazione e sistema sociale in generale, ma anche di rendere piu’ efficiente la spesa che c’è già. Ad esempio, in Italia la spesa sociale sconta quella per le pensioni, che è molto elevata e non lascia spazio ad altro tipo di interventi.
Fonte: Ansa