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I medici che combattono ebola persone dell’anno 2014 seconto time

time-ebola_INTERA.jpgLa rivista Time ha scelto i medici impegnati per combattere e contenere la più grande epidemia di ebola della storia come persone dell’anno del 2014. E mentre il volontario italiano di Emergency lotta per guarire dalla malattia, sulla copertina del settimanale statunitense ci sono le persone che lottano contro l’ebola. Medici, infermieri e sanitari che lavorano nei paesi africani colpiti dall’epidemia, mettendo a rischio la loro vita. Proprio oggi parlando di Ebola il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della Sanità, Margaret Chan, ha ammesso errori nella lotta all’epidemia che ha già fatto più di 6.300 morti.

Ecco alcune righe tratte dalle motivazioni della rivista:

“Il 2014 è stato l’anno in cui il contagio episodico si è trasformato in un’epidemia, anche a causa dello stesso progresso che ha permesso di costruire città e strade e sollevare milioni di persone fuori dalla povertà. Questa volta ebola ha raggiunto le baraccopoli della Liberia, della Guinea e della Sierra Leone; ha viaggiato in Nigeria e in Mali, in Spagna, in Germania e negli Stati Uniti. Ha coinvolto medici e infermieri in quantità senza precedenti, cancellando infrastrutture sanitarie pubbliche che erano già debolissime. In un giorno di agosto, in Liberia, sei donne incinte hanno perso i loro bambini perché gli ospedali non potevano ricoverarle. Chiunque volesse curare i malati di ebola correva il rischio di diventarlo.

Questo ci porta ai cuori dei nostri eroi. Non c’era molto che si potesse fare per ostacolare la diffusione della malattia. I governi non erano adeguatamente equipaggiati. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha perso tempo. I primi soccorritori sono stati accusati di gridare “al lupo”, anche quando la situazione si stava deteriorando. Ma le persone sul campo, le forze speciali di Medici Senza Frontiere, di Samaritan’s Purse e di molte altre organizzazioni umanitarie da tutto il mondo hanno combattuto fianco a fianco con i medici e le infermieri sul posto, con gli autisti delle aumbulanze e con chi si occupava delle sepolture.

Chiedetegli perché lo hanno fatto. Alcuni parleranno di Dio, altri della patria, altri dell’istinto innaturale che li porta a correre verso il fuoco e non lontano dal fuoco. «Se qualcuno dall’America viene ad aiutare il mio popolo, e qualcuno anche dall’Uganda», ha detto un infermiera liberiana, Iris Martor, a Liberian nurse, «perché non dovrei farlo io?». Foday Gallah, un autista di ambulanza che è sopravvissuto alla malattia, dice che la sua immunità adesso è un dono divino. «Voglio dare il mio sangue per salvare le persone», dice. «Ho intenzione di combattere ebola con tutto me stesso».

dicembre 2014

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