Matteo Iori è presidente del Conagga, un coordinamento nazionale di associazioni nato per condividere le buone prassi contro la dipendenza da gioco d’azzardo. Con lui parliamo della situazione italiana.
I dati ci dicono che gli italiani spendono per il gioco d’azzardo più di qualsiasi altro popolo europeo. Quali fattori contribuiscono a far sì che questo accada?
Sono stati essenzialmente due i fatti che hanno contribuito a questo risultato: da un lato le liberalizzazioni di nuovi giochi d’azzardo che hanno aumentato costantemente l’offerta: gratta e vinci, slot machine, videolottery, bingo, estrazioni settimanali aggiuntive del lotto e del superenalotto, win for life, scommesse sportive, giochi d’azzardo online, ed altri ancora. L’aumento costante di giochi e la loro diffusione capillare sul territorio, ha sicuramente spinto più italiani a giocare e a passare dall’equivalente dei 12 miliardi di euro giocati nel 1994 agli 84 miliardi di euro giocati nel 2014. Un altro fattore, che a mio avviso ha inciso in modo importante, è legato all’aumento esponenziale della pubblicizzazione dei giochi d’azzardo; la continua diffusione del messaggio di una “facile vincita” ovviamente attrae sempre più italiani che, in un periodo di recessione, sperano che il gioco possa essere la soluzione ai propri problemi.
Nella legislazione attuale ci sono segnali positivi nel senso di una presa di coscienza di questa sorta di “patologia nazionale”?
La legislazione attuale purtroppo non tiene affatto in conto la gravità della situazione; nonostante l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo dica già dal 1980, è solo dal gennaio 2013 che, grazie al decreto del Ministro Balduzzi, l’Italia ha ufficializzato il fatto che il gioco d’azzardo può dare dipendenza patologica e che i servizi pubblici, pur con alcune limitazioni, sono autorizzati a trattarla. Il nostro Paese non ha ancora fatto una legge organica sul gioco d’azzardo che tenga conto della necessità della ricerca, dell’importanza della prevenzione e del garantire la cura gratuita per i giocatori patologici così come invece accade per i tossicodipendenti. Proprio per l’assenza di questa legge nazionale la quasi totalità delle regioni italiane si è mossa per promulgare proprie leggi. Va però riconosciuto che ultimamente qualche segnale di discontinuità sembra esserci: il governo Renzi nell’ultima legge finanziaria ha istituito un fondo da 50 milioni di euro per attività di prevenzione ricerca e cura su questo tema, ha limitato in parte la possibilità di fare pubblicità sul gioco d’azzardo, e ha introdotto un percorso che nel giro di un paio d’anni dovrebbe portare ad una riduzione di circa il 30% delle slot sul territorio. Sicuramente i margini di miglioramento sono ancora moltissimi, ma speriamo che si sia invertita la rotta.
Desta molto allarme anche la diffusione dei giochi online a cui di fatto possono accedere anche i minorenni. Quali provvedimenti si dovrebbero introdurre per evitarlo?
Nonostante i giochi d’azzardo online stiano crescendo in modo importante negli ultimi anni, continuano ad essere vietati ai minorenni e teoricamente è inibita loro la possibilità di gioco; purtroppo qualora un minorenne creasse un falso profilo di gioco, magari utilizzando i dati del documento di un genitore e inserendo i dati della sua carta di credito, potrebbe senza troppe difficoltà accedere al gioco e ai rischi conseguenti. Credo però che sia molto difficile individuare provvedimenti che possano con certezza impedire che questo accada.
C’è in atto una “battaglia” tra enti locali e governo centrale sull’apertura di sale da gioco e nulla osta per nuove slot ecc. Se lei fosse un sindaco, cosa farebbe per arginare il fenomeno?
Se fossi sindaco cercherei di agire su più fronti, da un lato limitando il più possibile l’apertura di nuovi locali da gioco. Al tempo stesso cercherei di trovare punti in comune con gli esercenti che gestiscono i luoghi già in essere. Riterrei però opportuno non focalizzare gli interventi solo sui divieti, ma anche nel trovare strategie comuni con gli esercenti che consenta la loro lecita attività ma limitando il più possibile i rischi sul gioco d’azzardo, ad esempio attraverso materiali di informazione da diffondere nei luoghi di gioco, attraverso la formazione di chi opera in queste sale, attraverso l’accordo su limitazioni orarie specifiche in prossimità di luoghi sensibili come le scuole, attraverso facilitazioni per coloro che decidono di dismettere proposte di gioco d’azzardo ed altro.
Quale misura riterrebbe più urgente per contrastare il fenomeno sul fronte legislativo?
Riterrei molto importante il divieto totale della pubblicità e il divieto per i locali e i mass media di pubblicizzare le vincite, come del resto non pubblicizzano le perdite, in quanto si dà ai cittadini la falsa percezione di una vincita facile che possa improvvisamente cambiare loro la vita. Inoltre inserirei subito il gioco d’azzardo all’interno dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) permettendo quindi ad ogni cittadino italiano di poter avere un aiuto gratuito, in caso di dipendenza, tramite il Ssn, infine limiterei le modalità più aggressive di certi giochi diminuendone velocità e quantità di denaro giocabile.
Quali sono i costi sociali di questo fenomeno?
Rispetto ai costi sociali in Italia non è mai stata fatta una ricerca autorevole ma utilizzando i dati di una ricerca Svizzera si possono stimare costi sociali e sanitari, diretti e indiretti sul giocatore e sul suo contesto famigliare, pari a quasi 6 miliardi di euro annui. Ovviamente questa è solo una stima, proveniente fra l’altro da un paese diverso dal nostro, ma anche se fosse sovrastimata e i miliardi di costi fossero anche solo 3 o 4, considerando che lo Stato guadagna dal gioco d’azzardo 8 miliardi di euro all’anno siamo sicuri che ne valga davvero la pena?
In famiglia: quali i segnali da non sottovalutare?
I segnali da non sottovalutare sono quelli legati ad una sempre più frequente ricerca di denaro attraverso i motivi e le scuse più disparate, altri segnali sono il tralasciare impegni importanti rispetto i bisogni familiari sociali e lavorativi per trovare tempo per il gioco, insieme ad un inspiegabile aumento dell’ansia e della conflittualità in genere.
Cosa fare se si scopre che un famigliare gioca troppo pesantemente?
Sicuramente un familiare deve innanzitutto tutelare il proprio patrimonio prima che il giocatore, intrappolato nella necessità dell’azzardo, finisca per dilapidare tutto ciò che riesce a recuperare. Inoltre occorre contattare servizi pubblici o privati sul territorio per avere alcuni consigli pratici e poi affrontare il problema con il diretto interessato per aiutarlo ad esplicitare il problema, ben sapendo però che chi gioca tenderà molto facilmente a sminuire la situazione e a dichiarare che non c’è nessun problema. L’ideale è riuscire a mettere da parte il naturale senso di vergogna e capire che il gioco d’azzardo in alcuni casi è una vera e propria malattia e non un vizio. L’ideale è riuscire ad accompagnare il giocatore presso servizi pubblici o privati del territorio per aiutarlo a compiere un percorso di emancipazione dal gioco.