"È l'idea di realtà che cambia"
Intervista al professor Paolo Ferri: “È una evoluzione, ma con diversi rischi”
Chi sono i nativi digitali, lo chiediamo a Paolo Ferri che insegna Teoria e tecniche dei nuovi media all’Università Bicocca di Milano (l’anno scorso ha pubblicato per Bruno Mondadori il libro "Nativi digitali").
Ci racconti chi sono professore?
I nativi digitali sono tutti quei preadolescenti che sin dalla nascita sono abituati a interagire con più di uno schermo. Sono bambini nati in case con genitori abituati a usare le tecnologie digitali. E visto che l'89% dei genitori ha ormai un computer collegato a internet i nativi digitali non sono pochissimi.
Lei nel suo libro li definisce come una nuova specie di homo sapiens, ma sono evoluzione o involuzione della specie?
Premesso che quella dell'uomo digitale è innanzitutto una metafora che cerca di sintetizzare un processo ancora in corso, va detto che, come per ogni processo evolutivo, ci sono pro e contro. Dal punto di vista delle caratteristiche regressive che si possono notare tra i nativi digitali è evidente che la memoria e l'attenzione selettiva sono le funzioni maggiormente messe in tensione. Nonostante ciò ritengo questo cambiamento come un passaggio perlopiù evolutivo.
Al di là dell'attenzione anche il ragionamento astratto, il rapporto col mondo reale sembrano risentirne…
È vero che il ragionamento astratto tenda a uscire dall'orizzonte delle nuove generazioni, ma non credo sia tutta colpa dei nuovi media digitali. Probabilmente sottovalutiamo troppo il drammatico ruolo che nell'educazione dei giovani ha avuto la televisione. Probabilmente oggi in Italia scontiamo 20 anni di esposizione a un'offerta televisiva mediocre. Per quanto riguarda il rapporto col mondo reale tutti gli studi dicono che il tempo che viene dedicato ai nuovi media viene sottratto a altri media, tv in primis, e che l'attività preferita, anche dei nativi digitali, rimane il gioco tra pari. In altri termini chi ha molti amici su facebook è molto probabile che ne abbia tanti anche nella vita reale.
Ma qual è il cambiamento con più ripercussioni?
Quasi sicuramente è il modo di percepire il sé. Per i nativi digitali il sé digitale è strutturalmente integrato e fa parte del sé in senso lato. Mentre per noi è un inserto che comunque sta fuori dal perimetro della soggettività propriamente intesa, per un adolescente la vita digitale è assolutamente integrata alla vita reale, non essendoci distinzione di piani.
Questo che conseguenze può avere?
Si può assistere a volte a una esposizione eccessiva del sé con sfumature narcisistiche a volte scarsamente rilevanti o essere soggetti inconsapevoli di azioni di marketing se non si ha consapevolezza della tracciabilità dei comportamenti su internet.
È un tema che va affrontato dalle agenzie educative e dalle stesse famiglie che sono chiamate a svolgere il loro ruolo di sempre: formare le giovani generazioni e il loro senso critico.
Quanto è attrezzata la nostra scuola?
La scuola in Italia non ha ancora sfruttato le potenzialità della rete inserendola nei processi didattici, il che non vuol dire sostituire gli insegnanti con i media digitali, ma integrare nella didattica, quando serve, gli strumenti che sono naturali per i nativi digitali. È paradossale che mentre gli adolescenti si "nutrono" attraverso i media digitali questi fanno molta fatica a entrare nella scuola.
Le responsabilità di tutto ciò?
La scuola in Italia è stata soggetta ad attacchi sconsiderati riassunti nella frase dell'ex ministro dell'economia "con la cultura non si mangia": una terribile sciocchezza ma che dimostra quanto i precedenti governi si siano occupati di scuola. Sicuramente ci sono delle resistenze anche da parte di alcuni insegnanti ma le colpe vere sono altrove. Adesso si tratta di recuperare il gap ricominciando a investire perché senza un ottimo sistema scolastico il Pil, e non solo quello, cala.