Chiacchierare in videochiamata, controllare la propria posizione previdenziale o il conto in banca, richiedere un certificato, prenotare una visita medica: tutte attività “da remoto” che ricadono sotto la voce “digitalizzazione”. Termine sempre più usato, soprattutto durante e dopo i lockdown provocati dalla pandemia, è una delle parole chiave per aprire le porte non solo del futuro ma anche di tanto presente. «La digitalizzazione è l’accesso a qualsiasi tipo di servizio o informazione attraverso un dispositivo elettronico» chiarisce Mirta Michilli, co-ideatrice e direttore generale della Fondazione Mondo Digitale (mondodigitale.org), organizzazione senza scopo di lucro il cui obiettivo è sostenere “l’alfabetizzazione e l’innovazione digitale per la creazione di una società della conoscenza inclusiva”. «Un accesso – prosegue – caratterizzato dalla dematerializzazione cioè dalla realizzazione di qualsiasi documento in formato digitale, consultabile con mezzi informatici».
Niente più carta dunque, ma schermate di computer, tablet o smartphone attraverso i quali studiare, leggere, dialogare, informarsi, guardare film, scattare foto ma anche fare acquisti, richiedere prescrizioni mediche (smaterializzate, appunto), prenotarsi tramite apposita app allo sportello in banca, al museo, alla posta. Uno scherzo da ragazzi direbbe qualcuno. Un ostacolo spesso insormontabile per tanti altri. «Come molti over 75, per lo più con bassa scolarizzazione e in pensione da almeno 15 anni che hanno usufruito poco o niente delle nuove tecnologie sul luogo di lavoro. Un’esclusione che si fa anche più marcata per le donne della stessa fascia d’età» sottolinea Carla Facchini, docente senior di sociologia della famiglia specializzata nell’invecchiamento all’Università degli studi di Milano-Bicocca.
Scusate il ritardo Svantaggi che hanno scavato un divario digitale (digital divide) tra generazioni, generi ma anche tra classi sociali e che la pandemia ha in parte ridotto, in parte ampliato. «L’emergenza sanitaria – continua la docente – ha impresso una forte spinta all’informatizzazione di tutto il Paese, compresi gli anziani riguardo soprattutto alle tecnologie più semplici. Tuttavia, l’accesso a strumenti più complessi, da internet alle pratiche burocratiche sempre più digitali, resta difficile per chi ha meno competenze di base sia per l’età avanzata che per la bassa scolarizzazione».
Un ritardo digitale che non sembra riguardare solo le fasce di popolazione più anziana. Se infatti il recente rapporto del Censis su «La digital life degli italiani» registra come il 70,4% degli intervistati ritenga che la digitalizzazione abbia migliorato la qualità della loro vita semplificando tante attività quotidiane, risulta anche che sono 24 milioni i cittadini italiani a non sentirsi a proprio agio nell’ecosistema digitale e poco meno (22,7 milioni) coloro che lamentano condizioni disagevoli nelle quali svolgere le attività online. Ben 9 milioni usano con difficoltà le piattaforme di messaggistica istantanea come WhatsApp e Telegram, 8 milioni tentennano con posta elettronica e social network come Facebook e Instagram,
Un’istantanea che evidenzia criticità alle quali, durante la pandemia, si è cercato di porre rimedio con risultati anche importanti.
Stando al “Digital Riser Report” 2021 dell’European Center for Digital Competitiveness, che misura la capacità di trasformazione digitale e i progressi di 137 Paesi del mondo, l’Italia digitale è sempre più competitiva a livello mondiale. Tanto che nell’ultimo anno il Belpaese ha scalato la classifica dei Paesi del G7 passando dall’ultimo al secondo posto, secondo solo al Canada.
Vicini, online «Durante la pandemia, il governo ha dato un forte impulso alla digitalizzazione del Paese – conferma la direttrice della Fondazione Mondo Digitale -. Gli investimenti in tal senso sono strategici per le imprese che devono poter contare su infrastrutture di qualità e all’avanguardia, ma la vera sfida sarà coinvolgere in questa trasformazione tutti i cittadini, accelerando senza lasciare indietro nessuno». Giovani e meno giovani, uomini e donne, studenti e insegnanti così come tutti i lavoratori, da quelli più fragili e meno formati, ai disoccupati.
Ecco allora che la transizione digitale può diventare non solo l’occasione per modernizzare il Paese ma anche uno straordinario strumento di inclusione sociale. A partire proprio dagli anziani, anzi dai grandi anziani. «Quegli over 80 che più di tutti trarrebbero vantaggi dalla dimensione digitale, non solo in termini di socialità per contrastare la solitudine, ma anche per tutti gli aspetti pratici legati alla naturale riduzione dell’autosufficienza» afferma Facchini, che è presidente dell’Associazione Nestore (www.associazionenestore.eu) che si occupa di invecchiamento attivo.
Un’esigenza colta in pieno anche da Coop che, proprio per venire incontro ai tanti cittadini (anziani e meno anziani) ancora poco abituati al digitale, sta sperimentando in alcuni territori nuovi servizi e progetti di mediazione e formazione digitale tra cui la possibilità di attivare in alcuni punti vendita lo Spid (il sistema pubblico di identità digitale, ormai indispensabile per usufruire di tutti i servizi on line delle amministrazioni locali e centrali) ed eseguire alle casse i pagamenti tramite Pagopa. Agevolazioni che possono convincere anche i più dubbiosi ad approcciarsi al mondo del digitale, imparando così a sfruttarne appieno i vantaggi.
«Degli oltre 20 milioni di italiani in possesso dello Spid, solo una piccola percentuale è over 60: segno che per i più anziani, e spesso non solo per loro, la procedura d’accesso ai servizi online non è per nulla semplice» sottolinea il direttore della Fondazione Mondo Digitale.
Alleanza tra generazioni Se appare dunque indispensabile rendere più facile e intuitivo l’accesso ai vari servizi da remoto, in particolare da parte della pubblica amministrazione, è altrettanto importante lavorare sulla crescita delle competenze degli utenti più fragili, magari ricorrendo all’aiuto di quelle generazioni di nativi digitali che davanti ad uno schermo si sentono a casa e non su Marte. «Basare i progetti di alfabetizzazione informatica degli anziani su una logica di solidarietà intergenerazionale – conclude Facchini – significa non solo ridurre il rischio di esclusione sociale dei senior insito nel divario digitale, ma anche dare ai giovani la possibilità di acquisire competenze relazionali non scontate e utili per la vita». Uno scambio di abilità, conoscenze ed esperienze nel nome di una società dove c’è spazio per tutti e tutti possono dare il proprio contributo, nell’ottica di una vera cittadinanza attiva.