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De Castro: “Ttip, i vantaggi potenziali ci sono”

paolo-de-castro.jpg«Per il nostro paese la partita in gioco è molto rilevante». Ad affermarlo è Paolo De Castro, coordinatore per il Gruppo dei Socialisti e Democratici della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo e responsabile della trattativa commerciale con gli Stati Uniti per il settore agroalimentare. Con lui abbiamo fatto il punto sulla trattativa del TTIP e sui punti salienti sul tavolo.

A che punto è oggi la trattativa del TTIP e quali saranno le prossime scadenze?
«Nell’ambito della fase negoziale stiamo superando un periodo di stallo dovuto da un lato alla nascita della nuova legislatura europea che ha visto il cambio di guardia ai suoi vertici governativi oltre che parlamentari, dall’altro alle recenti elezioni di medio termine che si sono tenute negli Stati Uniti. Dal 2 al 6 febbraio si è tenuto a Bruxelles l’ottavo round negoziale».

Come sta affrontando questo negoziato l’Europa? È stata in grado finora di affermare una sintesi equilibrata di tutti gli interessi in gioco?
«L’Europa sta affrontando il negoziato nel pieno delle sue funzioni politiche e operative. È proprio grazie alla spinta dell’Europa, in particolare del Parlamento Europeo, che è stato possibile declassificare il dossier, rendendo pubbliche le direttive negoziali. Certamente il lavoro per affermare i tantissimi interessi in gioco è ancora da sviluppare e da completare sia in Europa sia negli Usa». 

Quali saranno le opportunità per l’Europa con il TTIP?
«Dal momento che fra Stati Uniti e Unione Europea ogni giorno vengono scambiati beni e servizi pari a due miliardi di euro, la mitigazione o rimozione delle barriere commerciali potrebbe creare ulteriori e significativi vantaggi economici. Sarà proprio l’agroalimentare a trarre i vantaggi maggiori da una positiva conclusione dei negoziati, a causa dell’entità delle attuali barriere non tariffarie alle esportazioni. La somma delle barriere, tariffarie e non, nel settore viene infatti stimata intorno al 40 per cento del valore delle merci e l’abbattimento degli ostacoli commerciali si configurerebbe per l’Europa in un’ulteriore e importante spinta delle spedizioni agroalimentari europee che, ad oggi, già valgono ben 17 miliardi di euro».

E per l’Italia?
«Per il nostro Paese la partita in gioco è molto rilevante. Le stime indicano, infatti, che il 10 per cento dei benefici stimati alla conclusione dei negoziati vede protagonisti formaggi, carne, vino, olio e tante altre eccellenze del nostro made in Italy alimentare».

Sì, ma quali rischi correremo sul piano della sicurezza alimentare? Per esempio, sarà più facile importare ogm o carni trattate con ormoni?
«I principi su cui si basano i livelli di protezione dei cittadini non sono oggetto di discussione all’interno del Trattato. L’obiettivo è superare ostacoli al commercio che non ledono questi principi e, quindi, i temi degli ogm, come della carne agli ormoni, non rientrano nel negoziato anche perché disciplinati da normativa comunitaria che non potrà essere modificata dal Trattato transatlantico».

Dopo lunghe battaglie dei movimenti di tutela dei consumatori, sono entrate in vigore le nuove norme sull’etichettatura. Dobbiamo prevedere cambiamenti a seguito del Trattato?
«No, come sopra accennato, il Trattato non ha lo scopo e le potenzialità per modificare la normativa europea che, tra l’altro, è spesso frutto di negoziati lunghi e complessi. Certamente, è opportuno ricordare che le nostre norme si applicano in Europa e non possiamo immaginare di imporle agli Stati Uniti i quali, a loro volta, hanno un loro sistema di regole che non intendono mettere in discussione. Diversa è invece la questione dell’abbattimento delle barriere, tariffarie e non, dove ci sono margini di negoziazione».

Ci saranno più rischi o più opportunità per i prodotti di origine controllata? 
«Nell’ambito delle barriere non tariffarie, oltre ai casi per specifici settori e prodotti (ad esempio, la listeria monocytogenes per i prosciutti, i trattamenti per l’eliminazione di insetti nocivi  nell’ortofrutta, la presenza di residui di chlorpyrifos ethyl nell’olio d’oliva, le quote per l’export di formaggi), sarà opportuno concentrare il lavoro futuro sul tema più generale del riconoscimento delle indicazioni d’origine rispetto al quale, soprattutto grazie alla spinta dell’Italia, sono stati fatti passi avanti nella bozza di testo del mandato negoziale. Tuttavia, resta da verificare attraverso quali modalità avverrà il riconoscimento e come saranno tutelati i prodotti italiani, che costituiscono la quota più elevata delle indicazioni geografiche europee registrate».

Crede possibile che il maggior flusso di importazioni dagli Usa abbia conseguenze negative per il commercio all’interno dell’UE delle nostre piccole aziende agricole? 
«Non credo. Al contrario, sono dell’opinione che potrà essere proprio l’assetto imprenditoriale italiano, spesso caratterizzato da imprese che per ragioni strutturali e organizzative sono maggiormente esposte alle barriere tariffarie e non, a poter trarre benefici da un esito positivo e favorevole del negoziato».

Proviamo a fare un po’ di conti: secondo lei, il fatturato del comparto agricolo e alimentare italiano come potrà beneficiare del Trattato a regime? E quello dell’Unione? 
«Direi che è difficile fare dei conti e delle stime precise perché, ad oggi, siamo ancora molto lontani dall’avere una visione definitiva sugli elementi in gioco nel negoziato. Alcuni studi d’impatto sul settore (che si basano sull’assunzione di ipotesi), indicano comunque che a una riduzione del 25 per cento delle barriere non tariffarie, accompagnata dall’azzeramento di quelle tariffarie, corrisponderebbe una crescita dei volumi scambiati tra i due player superiore al 40 per cento, con un incremento delle esportazioni europee verso gli Stati Uniti di circa il 120% per cento».

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