Perché gli uomini prestano tanto volentieri fede alle bufale? È una domanda non solo lecita, ma finanche doverosa in un paese in cui milioni di persone affidano i propri destini a maghi e cartomanti. Gli italiani sono infatti più creduloni di altri e hanno, in aggiunta, una propensione innata a immaginare complotti più o meno sotterranei che spiegherebbero bene alcuni fatti e fenomeni. Siamo noi a credere che la madonnina di Civitavecchia lacrimi sangue, e poco importa che questo sia umano e maschile; siamo noi a credere che Padre Pio avesse le stimmate, quando risultano ricette di acquisto di acidi adatti a crearle artificialmente; e siamo sempre noi a credere che nella famosa ampolla del Duomo di Napoli ci sia davvero il sangue del vescovo Januario, morto secoli fa, e che esso divenga liquido o resti solido alla bisogna (e non che lo stesso effetto possa essere creato ad arte sfruttando il fenomeno della tissotropia). Ma questi sono fenomeni del passato, si dirà.
Oggi effettivamente le potenzialità della rete mondiale hanno allargato il campo e sono molti, anche dotati di buona istruzione, a credere a fenomeni improbabili: basti pensare alle famigerate scie chimiche, un fenomeno del tutto naturale di condensazione in determinate condizioni di temperatura e umidità atmosferiche, che viene spacciato per un supercomplotto mondiale. Oppure, e qui il fenomeno diventa mondiale, a ritenere che l’uomo non sia mai allunato sul nostro satellite e che si tratti solo di propaganda statunitense: poco conta che ci siano alcune migliaia di kg di rocce e polveri lunari e milioni di dati impossibili da ottenere se non in sito.
I sostenitori di queste tesi bislacche, prive di qualsiasi appoggio numerico e scientifico sono peraltro aggressivi e ritengono di essere gli unici depositari di verità misconosciute. Spesso si appoggiano a sconosciuti professori di oscuri istituti universitari che mai hanno pubblicato su riviste scientifiche internazionali, ma in genere sono il prodotto di un‘ignoranza dei fenomeni naturali e fisici che a raccontarla si fa difetto. Non solo però.
Nel caso del terremoto dell’Emilia Romagna abbiamo letto dibattiti in cui si sosteneva che il fenomeno fosse dovuto a una non meglio precisata tecnica di fratturazione indotta che, effettivamente, esiste (si chiama fracking e serve a ottenere migliori risultati di emungimento) ma che in quella regione non era stata ancora usata. Si è data la colpa perfino all’immagazzinamento nel sottosuolo di gas in serbatoi che non ne avevano visto nemmeno una molecola. Ecco, in questi casi non è una mancanza ma un eccesso di informazioni incontrollate, supposte, chissà perché, democratiche e libere, che si autoalimenta nel web e porta a effetti ridicoli, se non impegnassero magari anche politici e amministratori nella paura di rimanere indietro rispetto alle masse contro informate.
Mario Tozzi, geologo e ricercatore Cnr-Igag (dicembre 2013)