Attualità

Colf e badanti, manodopera sempre più italiana

Colf.jpgAnche gli italiani cominciano a fare un lavoro che prima era quasi esclusivamente in mano ai lavoratori immigrati: quello di collaboratori domestici e di  assistenti familiari. In Italia il loro numero è raddoppiato nell’arco di soli 10 anni. Sono prevalentemente donne (82,4%) e di età intermedia, tra i 36 e 50 anni (56,8%), ancora per la maggior parte immigrati, provenienti da Romania, Ucraina e Filippine. Il nostro Paese è tra i tre mercati di lavoro domestico più grandi d’Europa e il trend futuro è previsto in crescita.
Nel 2013, l’offerta conta 1.655.000 lavoratori domestici (più 53% rispetto al 2001), con una domanda familiare che ne richiederebbe almeno 2.600.000. E’ stato questo il punto di partenza del convegno organizzato da Assindatcolf, in occasione del suo trentesimo anno di costituzione.
Renzo Gardella, Presidente di Assindatcolf sottolinea che “nell’economia del Paese, il lavoro domestico sta diventando sempre più rilevante. In un contesto in cui il welfare che lo Stato riesce a garantire non copre più in maniera universale, l’assistenza a soggetti non autosufficienti, bambini e anziani, rende gravoso per le famiglie l’onere dell’autogestione”. Nell’ultimo decennio tutta l’area dei servizi di cura e assistenza per le famiglie ha costituito per il nostro Paese un incredibile bacino di crescita occupazionale per chi arrivava in Italia dall’estero in cerca di un destino migliore.
A partire da qualche anno però si è innestata una nuova tendenza “Già dal 2009 le Sezioni Assindatcolf del Nord-est, Treviso, Udine, Venezia, sottolineavano l’incremento di assunzioni di manodopera italiana”, spiega la Dottoressa Teresa Benvenuto, Segretario nazionale di Assindatcolf, “come risultato del reinserimento di molte donne, che erano state licenziate o messe in mobilità dalle fabbriche nelle quali avevano lavorato da sempre. Tale fenomeno in seguito è stato evidenziato anche in Lombardia, riguardando soprattutto persone che avevano perso il lavoro negli uffici, quindi con qualifiche spesso impiegatizie”.

Quindi, se nel 2011 le assunzioni di dipendenti domestiche italiane riguardavano il 3,73% del totale delle assunzioni, nell’anno 2012 tale dato si è quasi triplicato: l’8,62% delle assunzioni effettuate durante l’anno riguardava lavoratrici italiane. Il trend si è mantenuto nell’anno 2013, dove fino a settembre, l’Assindatcolf ha registrato che sul totale delle assunzioni il 9,26% era per personale di nazionalità italiana.
La regolarità contrattuale divide l’Italia in due: nel Nord, dove l’inadempienza totale si limita a casi marginali (riguarda il 9,9% dei lavoratori) e in quasi la metà dei casi le famiglie rispettano per intero le regole esistenti (47,3%); dall’altro, il Centro e il Sud, accomunati dalla scarsa percentuale di rapporti di lavoro “totalmente regolari” (interessano il 23,3% dei collaboratori al Centro e il 23,7% al Sud) e entrambi caratterizzati dalla presenza di un sommerso molto diffuso. In particolare, al Sud c’è una percentuale altissima di “nero” (nel 53,9% dei casi non c’è alcun pagamento di contributi). La proposta di Assindatcolf è quindi quella di dedurre completamente il costo del lavoro dei collaboratori domestici ai fini del calcolo dell’imponibile. L’attuale regime delle deduzioni parziali dei contributi Inps e della detrazione del costo per gli anziani non autosufficienti ha fallito come incentivo per l’emersione del lavoro nero.

29 novembre 2013 – fonte: helpconsumatori

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