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Bufale a spasso nella rete

Phishing.jpgQuand’erano “farlocche” o  “taroccate” le notizie di questo genere per quanto fossero false e tendenziose potevano ancora far sorridere, se non altro per quei buffi aggettivi di origine gergale che  sanno tanto di carta stampata e tv. Poi però le false notizie, dette anche “bufale”, sono entrate in Internet e qui, fuori da ogni controllo, sono diventate pericolose, anzi pericolosissime.
Nel web e sui social network le informazioni prive di fondamento, volutamente create e rilanciate, sono infatti libere di circolare e di produrre danni in misura superiore rispetto al passato. Raggiungono una molteplicità di persone impressionante e, soprattutto, un pubblico di “prevenuti” o di “creduloni” che allungano la catena di Sant’Antonio con un semplice clic con effetti a cascata difficilmente controllabili.
Per Paolo Attivissimo, giornalista e cacciatore di bufale tra i più famosi, non è però del tutto così. “Va sfatato il mito che si abbocca a un appello solo perché si è ingenui o creduloni. Lo si fa solitamente, invece, perché l’argomento specifico della bufala tocca un livello profondamente irrazionale della nostra mente che scavalca ogni considerazione razionale. Capita spesso di vedere appelli palesemente assurdi che vengono inoltrati da persone che per il resto sono modelli di buon senso. È un processo irrazionale, e combatterlo con la razionalità raramente funziona”.
Gli anni passano, ma le leve emotive restano le stesse. Il caso più noto degli ultimi tempi è quello della possibile contaminazione del tonno pescato in una zona di mare vicina alla centrale di Fukushima. A parte la confusione tra le zone Fao 61 (quella di Fukushima) e la 71 (una di quelle in cui si pesca il tonno), la bufala veicolata dai principali social media stava innescando un ingiustificato e generale allarme, sennonché, a differenza di altre, è stata prontamente stoppata dai principali siti che si occupano di sicurezza alimentare e informazione ai consumatori: da “Ecoblog” a “Il fatto alimentare”, da “Altroconsumo” a “Io leggo l’etichetta”, costringendo comunque grandi catene distributive come Coop a smentite ufficiali.
“Il tonno radioattivo è solo l’ultima delle tante bufale che affollano la rete”, dice sconsolato Claudio Mazzini, che per Coop Italia ha approfondito l’argomento. Secondo alcuni sondaggi addirittura il 50% delle notizie che circolano su Internet sarebbero inaccurate o del tutto false. Ma è una quantificazione anch’essa azzardata, probabilmente eccessiva.

Dal latte ribollito alle armi biologiche
Nel frattempo è fiorita una letteratura scientifica per studiare un fenomeno che è in continua crescita. “Ricordo tra le bufale informatiche più famose – continua Mazzini – il grano contaminato della Barilla, il latte ribollito tante volte quante il numero riportato sul fondo del brik, l’inesistente lista di additivi cancerogeni del centro Antitumori di Aviano, un noto falso che gira da circa dieci anni”.
Una caratteristica del web è proprio questa, che si innesca un meccanismo perverso per cui la bufala una volta creata si ripresenta a distanza di anni, incancellabile. “Essendo la rete bulimica, è vero che la notizia viene dimenticata in un giorno, ma a differenza di un quotidiano, non servirà ad incartarci i fiori: ritornerà”.
Questo anche per il fatto che a differenza di un quotidiano non c’è un filtro giornalistico a monte (sebbene i giornali collezionino anch’essi clamorose bufale e soprattutto le amplifichino colpevolmente) e quasi sempre manca una conoscenza diretta dei fatti o una verifica o uno straccio di prova, quando, con sufficienza, si postano o si reindirizzano presunte verità a una comunità di “amici” che, in quanto tale, è già predisposta ad accettarle e condividerle.
Così si diffondono credenze come quella che l’epidemia scatenata dal virus A/H1N1 sia un’arma biologica, che sui campi di grano ci sia la prova del passaggio degli extraterrestri, che l’uomo non sia mai giunto sulla luna, che la terra sia cava e abitata al suo interno, che le scie lasciate in cielo dagli aerei siano chimiche. Su su fino a complotti e cospirazioni impossibili, tra cui spicca il virus dell’Aids “inventato” per arricchire le multinazionali del farmaco (ma sull’11 settembre o sull’assassinio dei Kennedy ce n’è a bizzeffe) per arrivare alla madre di tutte le  paure e ossessioni umane: dare un nome e un volto alla misteriosa cupola (politica o fantascientifica) che governerebbe il mondo.
“Per scoprire una presunta verità nascosta intorno al crollo delle torri gemelle – ricorda Paolo Attivissimo, che su www.attivissimo.net offre un servizio anti-bufale – nel 2005 si costituì un sedicente ‘Movimento per la verità’ di cui facevano parte, tra gli altri, Beppe Grillo e Giulietto Chiesa in compagnia di un gruppetto di filosofi, teologi, registi, europarlamentari e altri personaggi che in comune avevano una cosa sola: non c’era tra di loro nessun esperto di settore informato dei fatti. Vorrà pur dire qualcosa questo?”.
Sindrome del Messia, metodo d’indagine antiscientifico, indisponibiltà al confronto tecnico: sono questi i principali ingredienti che condiscono molte delle panzane spacciate per verità. “Dal punto di vista psicologico – aggiunge Attivissimo – in chi sente il dovere di porsi agli altri come salvatore del mondo l’autostima cresce enormemente”.  È superfluo aggiungere che chi invece avvalora e diffonde dicerie, appelli o metodi di cura alternativi non confermati (sulle terapie anticancro o sull’uso delle staminali ad esempio) pensa che esista una cattiva scienza “ufficiale”, omologata e dominata dagli interessi personali o di parte. 

Cacciatori di bufale informatiche
Il fenomeno presenta molteplici sfaccettature. A volte dietro le bufale ci sono interessi economici, per esempio in chi abusa dei siti dove chiunque può registrarsi anche più volte per promuovere alberghi, località, prodotti. Altre volte c’è la mano pesante delle lobby. È il caso di chi nega il cambiamento climatico dovuto all’effetto serra facendo da sponda ai petrolieri. La cosa si ripete da anni ritardando ogni decisione, al punto che gli scienziati che lavorano ai rapporti dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change), avendo capito che bisogna contrastare con forza le bufale eco-scettiche, nel 2010 hanno formato una “squadra speciale” (Climate Science Rapid Response Team) che demolisce in tempo reale le affermazioni fuorvianti. Chiunque, compresi i giornalisti, può scrivere ai ricercatori climatici (climaterapidresponse.org) che nel giro di poco forniscono la risposta corretta. Questi e altri cacciatori di bufale offrono un servizio di debunking (smascheramento) prezioso e di questi tempi pure rischioso. È indicativo quel che è successo recentemente a una giornalista della Stampa, bersagliata da mail di minacce e insulti per aver scritto che quella delle scie “chimiche” degli aerei è una vecchia e infondata leggenda metropolitana, non un piano di sterminio di massa. Nessun “bavaglio” all’informazione, bastava una verifica sui siti giusti.
Come difendersi, allora, dalle frottole? Imparando ad essere consumatori critici anche della rete: accorti e non troppo emotivi. Diversamente, “uno dei punti di maggior forza del web – chiosa Mazzini –, l’accessibilità e la disponibilità di informazioni, rischia di farci diventare strumenti inconsapevoli di disinformazione, perché tendiamo a prendere per oro colato tutto ciò che leggiamo o intercettiamo, soprattutto sui social network, dove chi ti gira una notizia è spesso anche un conoscente”. E a un amico, reale o fittizio, come si fa a non credere?…

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