Si avvicina il Natale, tempo di tredicesime e di qualche soldino in più in tasca da spendere in regali e cenoni. In questi anni le forme di pagamento si sono moltiplicate e qualche imbarazzo c’è nella scelta di quale strumento usare. Si equivalgono tutti?
Partiamo dagli sportelli automatici, che sono sempre più deserti. Non tanto per il carovita che prosciuga i conti, quanto per l’abbandono del contante che gli italiani – dicono i dati – non amano più. Si sono ridotti di quasi il 30%, infatti, negli ultimi due anni, gli aficionados della banconota, e anche le fasce meno giovani della popolazione (l’Italia è seconda solo al Giappone per capelli bianchi) non hanno più riserve psicologiche verso i pagamenti con il chip: in due anni gli over 65, i cosiddetti “grandi adulti“, si sono allineati a tutte le altre età, con solo un 10-15% di diffidenti sul totale di utilizzatori abituali di carte elettroniche e internet banking. Dalla pandemia, dunque, anche il mondo della moneta si è risvegliato cambiato, sempre più digitale e tracciabile. Dietro ci sono, certamente, le politiche che mirano a far emergere il sommerso, favorito dall’uso dei contanti, e a combattere l’evasione fiscale, ma c’è anche una tendenza frutto della comodità, cominciata già diversi anni fa e ora esplosa. È oltremodo conveniente, ci si chiede, per i conti di una famiglia, non utilizzare la moneta fisica?
Procediamo con ordine, senza addentrarci nelle polemiche sul tetto del contante a cui il governo vuole mettere mano alzandolo dai 2.000 euro attuali (che sarebbero dovuti diventare 1.000 dal 1° gennaio), con implicazioni non poi così impattanti sui conti di un consumatore tipo. Sfogliando l’ultimo rapporto dell’Osservatorio Carte di Credito e Digital Payments a cura di Assofin, Nomisma e Ipsos, si resta colpiti da quanto le transazioni dematerializzate siano in rapida ascesa. Nell’Internet banking, la percentuale è del +24% nel 2021, che sale al 29% (sempre rispetto al 2020), se oltre ai bonifici si considerano anche i pagamenti su Pos con le sole carte di debito.
Tutti gli strumenti alternativi e più innovativi di pagamento accelerano quello che sembra essere un lungo addio al cash. Ma importanti “sacche di resistenza” si oppongono al cambiamento. Infatti, l’impoverimento di larghe fasce della società starebbe favorendo un certo ritorno del vecchio, caro contante. Quello in circolazione è aumentato dell’11% in Europa.
Il recente report della Banca Centrale Europea (Bce), che fotografa le abitudini di pagamento dei cittadini europei, mostra che se il digitale cresce, il soldo di carta resta nel 58% delle transazioni totali. L’Italia è sotto il 50%, secondo i dati del Politecnico di Milano, ma ancora terzultima in Europa per transazioni digitali pro capite (dati rapporto 2022 di The European House -Ambrosetti). Come si può spiegare questo fenomeno?
Non bisogna pensare solo al negoziante che bluffa denunciando il Pos rotto, com’è successo a Belluno e in altre città dov’è intervenuta la Guardia di Finanza, o che invoca la mancanza della linea per non accettare il pagamento elettronico e pagare le relative commissioni (dal 1° luglio scorso in Italia vige l’obbligo per esercizi commerciali, studi professionali e artigiani, con l’esenzione fresca fresca per i tabacchi e i valori bollati). Sempre la Bce sottolinea che i più affezionati al contante sono, oggi, i cittadini con redditi medi e medio-bassi.
Dunque, sarebbe la condizione economica che si fa precaria, e non più il dato anagrafico, a spingere verso i soldi di carta: quelli che “si sentono” al tatto e si maneggiano più volte prima di spenderli, consentendo così un maggior controllo della spesa. Chi preferisce il denaro fisico, mediamente ritira 218 euro o poco più, che poi custodisce fino a casa. Rovesciando il punto di vista, si può affermare che più aumenta la propensione alla spesa, più cresce la disponibilità ai pagamenti digitali.
Accelerazione mobile Tra questi, spicca la fortissima crescita del numero degli italiani propensi agli M-payments (i pagamenti da dispositivi mobili), che fanno segnare un +39% sul 2019 e un +73% sul 2021, aprendo scenari “anglosassoni” per questa forma di transazione pressoché istantanea. Tra i giovani spopolano gli acquisti via smartphone e app: già uno su quattro li fa dal cellulare con Apple Pay, Satispay e applicazioni simili. E se vi aggiungiamo i wearable (gli indossabili, come gli smartwatch), ecco la “dinamica più importante” – così la definisce l’Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano –, che fa sì che nei negozi in due anni sia raddoppiato il valore degli scontrini emessi con tale modalità.
Il mondo bancario considera strutturale questa tendenza, essendo radicata nel tempo, che si accompagna a una riduzione degli importi e a una maggiore frequenza d’uso. Ma a cosa è dovuto il recente cambio di passo, cui non può dirsi estraneo il fattore igienico di non maneggiare denaro nel periodo del Covid? «Hanno senz’altro contribuito l’accelerazione digitale impressa dalla pandemia e la ripresa economica del paese nel 2021», spiega Luca Dondi, amministratore delegato di Nomisma. Lo stesso cashback di Stato c’entra con questi dati, accanto a una maggiore apertura ai pagamenti digitali da parte degli esercizi commerciali e alla forte crescita del contactless, gli acquisti fatti sfiorando con la carta il terminale, favoriti dall’innalzamento a 50 euro del tetto per non usare il Pin. E l’e-commerce? Ha soffiato un bel po’ sul fuoco. Tradotto: l’incidenza dei pagamenti online è salita al 24% sul totale complessivo delle operazioni con carte (+6% sul 2019).
L’analisi dell’Osservatorio Assofin, Nomisma e Ipsos non si ferma qui, evidenziando che se gli Atm, cioè i punti di prelievo del denaro, vanno deserti e non c’è più la fila fuori dalla filiale (spesso nemmeno c’è più la filiale, a dire il vero, visto la chiusura di quasi 2 mila sportelli nel 2021 all’interno di un processo di accorpamento e taglio dei costi che dura da anni), ciò è dovuto anche al fatto che si contano 61,5 milioni di utenti nel nostro paese che usano l’internet banking comodamente da casa o dall’ufficio, risparmiando tempo e denaro. Ma accollandosi, andrebbe aggiunto, un lavoro e competenze non proprie.
Plastica canta Siamo tutti più poveri di metallo e banconote, in compenso abbiamo un portafoglio digitale di tutto rispetto. Oltre 100 milioni di card nelle tasche degli italiani. Arrotondando a cifra tonda, 60 milioni di carte di debito, 30 milioni di prepagate e 15 milioni e 200 mila carte di credito, usate con disinvoltura per fare un po’ di tutto, dal biglietto per l’autobus all’acquisto delle sigarette.
Fra le tre principali tipologie di carte, il boom maggiore lo fanno registrare quelle di debito (+53,5% sul 2020), comunemente chiamate bancomat, complice lo sviluppo del commercio online che ha portato il volume delle operazioni a quintuplicarsi in un decennio. La spesa mensile supera i 400 euro. Crescono molto soprattutto gli heavy users (cioè i forti utilizzatori, che la usano più di 4 volte al mese), passati nel primo semestre 2022 dal 40 al 48%. Continua, inoltre, la corsa delle prepagate, con un incremento di operazioni del 34,7% nel 2021: supporti efficaci, come ad esempio la carta regalo Coop, per evitare di comprare cose inutili rimanendo all’interno di un range di spesa, e dunque anche validi strumenti di educazione finanziaria.
Tra le carte di credito infine salta all’occhio la diffusione dell’opzione rateale (+16,8%). «La metà della carte bancarie attive è dotata di questa funzione», osserva Kirsten Van Toorenburg, responsabile studi, statistiche e formazione di Assofin. C’è una corsa ad averle soprattutto da parte dei ragazzi della generazione Z e dei Millennials che si preoccupano, subito dopo del costo della carta, che essa sia rateale prima di metterla in tasca. Consente tre o quattro rinvii prima di saldare il debito e piccoli importi di spesa: sono queste le principali caratteristiche di un servizio che ha bisogno, ora, di essere regolamentato nell’ambito della revisione della direttiva sul credito, a favore della tutela dei consumatori e degli operatori che lamentano qualche rischio in più di insolvenza.
Avanza, di pari passo, anche un sensibile bisogno di sicurezza. Lo fa notare Stefania Conti, business development director di Ipsos: «Raddoppia nei primi sei mesi di quest’anno l’abbandono di una carta a causa di una esperienza di frode o clonazione – sottolinea – e cresce di 7 punti, tra le ragioni che guidano la scelta, la ricerca di un brand affidabile».
Insomma, circolano ingenti flussi di denaro invisibili, sotto la minaccia di hacker informatici altrettanto invisibili e in crescita: che sia materiale o digitale, anche per i ladri “pecunia – come dicevano i latini – non olet”.