La mafia la si colpisce certamente con gli arresti e con la prevenzione, ma la sferzata le arriva con il sequestro e la confisca dei conti correnti e con l’assegnazione, prevista dalla legge Rognoni-La Torre, dei patrimoni e delle ricchezze di provenienza illecita a quei soggetti – associazioni, cooperative, Comuni, Province e Regioni – in grado di restituirli alla cittadinanza.
Secondo i dati raccolti dall’associazione Libera di don Luigi Ciotti, aggiornati al marzo 2021, sono 36.616 i beni immobili (particelle catastali) confiscati dal 1982 a oggi, il 48% dei quali destinati dall’Agenzia nazionale per le finalità istituzionali e sociali: ben 5 beni su 10 sono ancora da destinare.
Il maggior numero dei beni sono stati confiscati in Sicilia (6.906), seguono Calabria (2.908), Campania (2.747), Puglia (1.535) e Lombardia (1.242). Sono invece 4.384 le aziende confiscate, di cui il 34% già destinate alla vendita o alla liquidazione, all’affitto o alla gestione da parte di cooperative formate dai lavoratori delle stesse, mentre il 66% è ancora in gestione presso l’Anbsc. Anche in questo caso la Sicilia è prima tra le regioni per numero di aziende destinate (533), seguono Campania (283), Calabria (204) e Lazio (160).
L’associazione Libera ha censito 867 soggetti diversi che operano nel terzo settore impegnati nella gestione dei beni confiscati, ottenuti in concessione dagli enti locali, in ben 17 regioni italiane su un totale di 20. Mediamente tra il sequestro e l’effettivo riutilizzo sociale trascorrono ben 10 anni.