Se lo scopo fondamentale del cibo è che serve a nutrire le persone, questa semplice verità si deve scontrare sempre più con la logica dei mercati e della speculazione finanziaria per cui il cibo (come il petrolio o qualsiasi altra merce) serve a far soldi e nient’altro.
Sulla nostra rivista ci siamo già occupati di raccontare come, specie 3 o 4 anni fa, i prezzi delle derrate alimentari a livello mondiale hanno subito variazioni fortissime. Frutto soprattutto di una speculazione forsennata per cui a comprare grano e mais, non erano operatori del settore, ma fondi d’investimento e banche d’affari. Basti ricordare che i cosiddetti futures (titoli nati come strumento per tutelare i produttori sulle variazioni di prezzo, tra momento della semina e della vendita), sono passati da un valore complessivo di 65 miliardi di dollari nel 2006 a 126 miliardi di dollari nel 2011.
Ma la cosa impressionante è che alla Borsa merci di Chicago, nel 1996 l’88% di questi titoli era detenuto da operatori del settore agro-alimentare, mentre nel 2011 il 70% era detenuto da gruppi finanziari e speculativi. Un mondo ribaltato e cifre che rendono chiaro quanto pesi la finanza nel determinare, trattandosi di cibo, se e quanto potranno mangiare miliardi di persone.