Attualità

Amore e disabilità, serve l’assistente

Nel campo della disabilità esiste una figura chiamata Oeas (Operatore all’emotività, affettività e sessualità) che non è deputata a fornire rapporti fisici completi, ma terapie relazionali che educhino a gestire il proprio corpo (nel caso di disabilità fisica) o i propri istinti (nel caso di disabilità intellettiva). Una sorta di assistente, definito anche “lovegiver” (donatore d’amore), che funge da guida verso la scoperta di sé e del proprio corpo. Tale figura è da tempo istituzionalizzata nei paesi del Nord Europa, ma non nel nostro dove l’affettività, la sessualità e il benessere emotivo non sono trattati alla stregua di un diritto universale alla salute psicofisica, come sancito dall’ Oms nel 2001.

Abbiamo cercato Iacopo Melio (nella foto), 30 anni, giornalista, scrittore, attivista per i diritti umani e civili, fondatore della onlus #vorreiprendereiltreno che si occupa di inclusione e abbattimento delle barriere architettoniche, sociali e culturali, per chiedergli anzitutto aggiornamenti sul quadro normativo riguardante gli Oeas e i percorsi di erotismo per la disabilità. 
Abbiamo un Ddl che sosta in Parlamento da troppo tempo e che, peraltro, ha bisogno di una profonda revisione per sanare quelli che per me sono buchi importanti. Su questo sta lavorando l’amico deputato Marco Furfaro (Pd), grazie anche all’input dato dalla mia mozione depositata per il Consiglio regionale della Toscana nella quale chiedo il riconoscimento di tale figura: questo atto, da un punto di vista politico, è stato un po’ un apripista in materia e spero possa avviarsi un percorso decisivo.

 Come vive lei questo aspetto importante della vita rimasto ancora un tabù anche tra i “normodotati”? Che riflessioni le vengono? Per me la sessualità è un banalissimo tema come qualsiasi altro, eppure ancora oggi in Italia si ha paura ad affrontare l’argomento, complice anche il nostro background culturale cattolico (basti pensare che ancora non si ha un’efficace educazione sessuale nelle scuole). Bisognerebbe prima di tutto “normalizzare” la questione, accettarne ogni aspetto e viverlo con serenità, affinché sia più facile anche rompere altri tabù collegati, come quelli riguardanti l’intimità nella disabilità.

Vede qualche legame tra i crimini legati all’odio di genere e l’ignoranza sessuale e affettiva? Conosce “Close the Gap”, la campagna di Coop contro le discriminazioni in tale ambito? Credo che l’ignoranza, il bigottismo e qualunque altro atteggiamento di stampo patriarcale (e quindi possessivo) sia sempre deleterio e generi conseguenze inimmaginabili. Campagne come quelle di Coop, in grado di sensibilizzare e generare consapevolezza, possono certamente aiutare, ma serve anche una presa di coscienza dal basso: in famiglia e nelle scuole in primis. Prima educhiamo all’empatia, al rispetto e al consenso, e meglio riusciremo ad arginare anche un certo odio.  

Tag: diritti, sesso, disabilità

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