Solo in Lombardia – regione pilota, dove esiste un vero e proprio catasto degli impianti termici – i radiatori interessati sono decine di milioni. Moltiplicato per il numero delle regioni e per il costo medio dell’operazione (intorno ai 1.000 euro a famiglia, considerando da 5 a 7 termo in una casa), è facile intuire il volume di affari, immenso, che si muove intorno ad ogni condominio a riscaldamento centralizzato.
In questo tipo di condominio diventa obbligatorio, a partire dal 31 dicembre 2016, aver fatto montare le valvole termostatiche su ciascun termosifone e un contabilizzatore per appartamento.
Addio dunque al calore centralizzato, largo a sistemi più moderni e improntati al risparmio energetico. Lo scopo è quello di poter regolare la temperatura in ciascuna stanza e pagare i consumi effettivi a famiglia, non più pro-quota millesimale. Liberando, così, meno inquinanti in atmosfera. Sullo sfondo c’è il famoso “piano 20-20-20” subentrato al protocollo di Kyoto, ovvero la riduzione delle emissioni di gas serra del 20%, la crescita al 20% dell’energia da fonti rinnovabili e il 20% di risparmio energetico entro il 2020. È l’Europa a chiedere questa svolta, per la precisione la direttiva europea 2012/27/sull’efficienza energetica, che unita ad altri provvedimenti sta consentendo al vecchio continente di rientrare nella traiettoria prevista di emissioni di Co².
Perché muoversi In realtà la platea di cittadini interessata dal decreto legislativo 102/2014 – che recepisce la normativa europea imponendo, per l’appunto, di dotarsi di sistemi di termoregolazione e contabilizzazione (o ripartizione) del calore – è ancora più ampia. Non si limita ai proprietari di un condominio – che tale viene considerato a partire dalle 9 unità abitative: la norma si applica già dalle 2 unità abitative in su. “A precisarlo è un recente chiarimento dato dal ministero al Comitato termotecnico italiano”, mette in guardia Franco Pozzoni, vice direttore Unione impianti della Cna. Aumentano dunque gli italiani con l’obbligo dell’adeguamento. Il rischio è di sanzioni amministrative a carico del cittadino e, per il paese, di procedure di infrazione comunitarie.
E’ sicuramente conveniente dotarsi dei nuovi sistemi entro la fine del 2016. Adiconsum e altre associazioni di consumatori ricordano che le detrazioni fiscali sono più alte: pari al 50% della spesa, restituito in dieci anni, per gli interventi ordinari di ristrutturazione edilizia, o ancora meglio del 65% usufruendo dell’ecobonus per gli interventi di riqualificazione energetica (per godere dei quali bisogna però sostituire anche la caldaia con una ad alta efficienza, vedi box). Sul 2016, invece, non vi è certezza. Stando alla normativa vigente, la detrazione del 65% dovebbe ritornare al 40% e le agevolazioni edilizie scendere al 36%. I recenti orientamenti del governo sembrano, tuttavia, tesi a stabilizzare o addirittura ad estendere gli incentivi, specie dopo gli ottimi risultati del secondo trimestre (aumento del’11% dei lavori, tornati ai livelli 2014, per un valore pari a circa l’1% del Pil nazionale). Dovremmo comunque aspettare la legge di stabilità di fine anno per avere dei punti fermi sulla questione.
Valvole e attuatori Ma com’è chiamato a procedere il cittadino? La prima mossa – suggeriscono le Linee guida della Regione Piemonte – è la redazione della “diagnosi energetica” del sistema edificio-impianto. Va testato lo “stato di salute energetico” di tutto l’insieme, se si vogliono ottenere reali risultati di risparmio. Due i fattori che fanno aumentare i consumi: la temperatura della stanza e le dispersioni di calore date da spifferi, finestre aperte e impianti obsoleti. Con la diagnosi in mano si procede, poi, a un progetto con tanto di capitolato di spesa e affidamento dei lavori. E qui c’è già un rischio da evitare, a fronte di spese comunque rilevanti (tra gli 850 e i 1.100 euro a famiglia comprensive di termovalvole e quota parte della pompa condominiale). “L’utente finale – consiglia Franco Pozzoni – non si limiti a guardare la voce prezzo: sul mercato ci sono aziende e fornitori molto concorrenziali ma con personale non qualificato. Quello di cui abbiamo bisogno, al contrario, sono operatori formati e utenti informati dagli operatori stessi, i quali devono fornire al cittadino, specie nei primi tempi, la giusta assistenza: spiegare che funzioni hanno le valvole, come devono essere regolate, ecc. Molti utenti vedono il radiatore parzialmente freddo e pensano che ci sia aria dentro, quando invece è la valvola che stacca o attacca…” Ma allora chi vanno affidati esattamente i lavori? “A idraulici specializzati nella contabilizzazione – risponde – che diano garanzie di serietà”.
Effettuata la mappatura dei radiatori (tipologia, collocazione, ecc.) si passa alla sostituzione delle valvole con altre di nuova generazione, durata media una decina di anni. Ciò richiede lo smontaggio dei termo pure se in ghisa e all’incirca 3 ore di lavoro per ogni abitazione con 2 operatori impegnati.
Ad ogni valvola è collegato il ripartitore con un proprio numero di codice e il misuratore di energia, il quale “dialoga” con un attuatore termostatico unico per appartamento (dai più semplici ai più sofisticati, che si autoregolano). Il tecnico incaricato di rilevare i consumi è sufficiente che resti alla porta e rilevi col suo palmare il dato trasmesso via wi-fi.