1. Home
  2. Ambiente
  3. Nodo ogm: come e chi lo scioglierà?
Ambiente

Nodo ogm: come e chi lo scioglierà?

Nodo Ogm: chi e come lo scioglierà?           

Tra le polemiche per una ricerca francese che rilancia i dubbi sulla tossicità di queste sostanze e una sentenza della corte europea che mette in discussione il divieto di coltivarle, solo un intervento del governo può fare chiarezza

In pochi giorni e per più d’un motivo gli Ogm sono tornati prepotentemente al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica europea e mondiale. Da anni il tema degli organismi geneticamente modificati suscita un dibattito acceso. Si incrociano aspetti diversi, legati all’evoluzione della ricerca scientifica, al peso del denaro nel condizionare la libertà di questa ricerca, ai timori che, specie in Europa, sono presenti nella maggioranza della popolazione, per finire col tema della complicata relazione tra un’agricoltura basata su prodotti tipici e ad alta qualità e l’idea di una agricoltura dove invece tipicità e diversità territoriali lasciano il passo a brevetti proprietà di grandi multinazionali.
Vale la pena ricordare che in Europa gli Ogm sono presenti in molti prodotti importati, ma c’è un solo tipo di mais di cui è autorizzata la coltivazione e, in più, numerosi paesi hanno comunque già detto di no all’introduzione degli Ogm nelle loro campagne.
Ma veniamo ai fatti di queste settimane. Da un lato c’è una ricerca francese, coordinata da un biologo molecolare dell’Università di Caen, Eric Seralìni, che ha rilanciato il dubbio sulla tossicità degli organismi geneticamente modificati con uno studio pubblicato sulla rivista americana “Food and chemical toxicology”. Dall’altro, una sentenza della Corte di giustizia europea, il cui pronunciamento era stato richiesto dal nostro Consiglio di stato, ha stabilito che l’Italia non può bloccare la coltivazioni di quelle sementi Ogm, già autorizzate dalla stessa Unione europea (cioè il solo mais Monsanto 810).
Il paradosso è quindi che, proprio mentre il dibattito sulla sicurezza degli Ogm riparte, la sentenza della Corte europea (se non interverranno fattori nuovi) rischia di avvicinare il via libera alla coltivazione nel nostro paese.

Ogm Nk603 e i topi
Ma torniamo all’Università di Caen. Il professor Seralini ha studiato, su un periodo di 2 anni, che effetto ha la somministrazione del mais Monsanto Nk603 abbinato all’erbicida Roundup sempre di Monsanto (il mais Ogm è resistente all’erbicida e quindi i prodotti vengono somministrati insieme dagli agricoltori e finiscono per essere presenti entrambi nei prodotti alimentari) su una popolazione di 200 topi, divisi in quattro gruppi e alimentati in maniera diversificata. Ebbene, dal tredicesimo mese di vita, le cavie nutrite col mais Ogm hanno manifestato gravi patologie, con una incidenza di tumori da due a cinque volte superiore agli altri. In più i tumori, sempre nel gruppo alimentato con gli Ogm, sono apparsi mediamente 20 mesi prima nei maschi e tre mesi prima nelle femmine. Risultato il 50% dei maschi e il 70% delle femmine è deceduto anzitempo.
Come sempre in questi casi, questi risultati hanno suscitato reazioni controverse. Se da un lato paesi come la Russia hanno subito bloccato l’importazione del mais Nk603, diversi scienziati hanno espresso dubbi a volte drastici sulla ricerca francese. Ricerca che però ha un suo punto di forza proprio nella durata, perché i dati sono riferiti all’intero ciclo di vita dei ratti (circa due anni), mentre le richieste di autorizzazione alla messa in commercio degli Ogm si basano su studi per un periodo di 90 giorni. Per capirci, pensando all’uomo, è come se per verificare l’incidenza di una malattia, si prendessero in esame solo i primi 15 anni di vita anzichè l’intera esistenza. È chiaro che i risultati cambiano e non di poco.
Ma torniamo ai giudizi. Il professor Bruce Chassy dell’Università dell’Illinois ha parlato di “evento mediatico ben orchestrato e pianificato. Uomini e animali ormai da anni mangiano quotidianamente Ogm senza che nessuno studio abbia mai evidenziato aumenti di tumori, malattie e decessi”.
L’Efsa, cioè l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, nel giro di pochi giorni ha anch’essa sostenuto che, sulla base di quanto contenuto nell’articolo sulla rivista americana, l’indagine di Seralìni va bocciata perchè “non ha qualità scientifica tale da essere considerata valida ai fini di una valutazione del rischio”. Il dottor Per Bergman, responsabile del parere ha commentato: “Qualcuno potrebbe meravigliarsi che la dichiarazione dell’Efsa si concentri sulla metodologia dello studio in questione piuttosto che sui suoi risultati, ma quando si esegue uno studio è fondamentale garantire l’esistenza di un contesto adeguato”. Dunque siamo a una bocciatura di metodo, che riguarda tra le altre cose la predisposizione dei ratti usati a sviluppare tumori e diverse modalità di conduzione dell’esperimento.

Ricerche indipendenti
“La vicenda di questa ricerca francese – commenta Fabrizio Fabbri, direttore scientifico della Fondazione diritti genetici – è illuminante di come il dibattito sul tema Ogm sia difficile e rimandi a una questione di fondo che è quella dell’autonomia e dell’indipendenza delle ricerche. Personalmente credo che il lavoro di Seralini, che è uno studio indipendente dai giganti del biotech ed è sostenuto da realtà della grande distribuzione francese come Carrefour e Auchan, sia da vagliare con attenzione. È un punto di partenza che va approfondito nei singoli aspetti con ricerche ad hoc. Ma c’è da ribadire che il punto è avere ricerche indipendenti e approfondite. Oggi in Europa sugli Ogm è come se si fossero fatti dei passi indietro sul piano del rigore. Faccio un esempio: mentre nel campo dei composti chimici nel 2006 si è arrivati a far sì che il processo autorizzativo fa carico a chi vuole metterli in commercio di dimostrare in maniera inequivocabile che si tratta di prodotti conformi alle normative e non pericolosi, per gli Ogm vale il principio inverso. Le autorità accettano le modeste documentazioni autoprodotte dalle aziende mentre l’onere di dimostrare eventuali problemi ricade su chi ha questi dubbi. In più c’è un atteggiamento, che coinvolge anche l’Efsa e che è spuntato anche in quest’ultimo caso francese. È chiaro che criticare o esprimere dubbi su una ricerca è cosa sacrosanta e normale. Ma non vorrei che, anche in autorevoli esponenti del mondo scientifico, si usassero due pesi e due misure. Come se avanzare dubbi sugli Ogm facesse perdere credibilità. Faccio notare che anche autorevoli scienziati, come Veronesi, hanno espresso posizioni, ad esempio sulla cancerogenicità del mais tradizionale, che si sono rivelate del tutto sbagliate. Il rigore della ricerca deve valere per tutti, ma senza pregiudizi”.

Il ruolo dell’Efsa
Qui Fabbri esprime critiche anche per il ruolo sin qui tenuto dall’Efsa. “All’Autorità europea per la sicurezza alimentare si richiede una terzietà di giudizio che sin qui non ha dimostrato. Pesano i casi di suoi componenti che avevano conflitti di interesse poiché in qualche modo finanziati dalle industrie biotech. In più, nelle prese di posizione sugli Ogm dove ha potuto essere indulgente verso queste industrie, l’Efsa lo è sempre stata. Cito i due casi più noti: quando si scoprì che la Monsanto aveva tenuto nascosto un suo studio che evidenziava possibili problemi, legati al mais 810, l’autorizzazione è arrivata lo stesso. O come per la patata amflora della Basf per la quale l’Efsa, sul tema della resistenza agli antibiotici di questo prodotto, è stata smentita sia dall’Organizzazione mondiale della sanità che dall’Agenzia europea per il farmaco. Ma anche qui non è successo nulla e l’autorizzazione è rimasta. Non sono, secondo me, esempi di quella indipendenza necessaria. Invece, ora, con lo studio di Seralìni l’Efsa si è affrettata a bollarlo come non scientifico. Verrebbe da dire che all’improvviso c’è quel rigore mai visto con le industrie biotech”.

Coltivare Ogm in Italia?
In attesa di vedere quali tracce lascerà la ricerca francese, vediamo invece cosa sta succedendo nel nostro paese. Allo stato attuale, nonostante l’Europa abbia autorizzato per la coltivazione il già citato Mon 810, in Italia non si possono coltivare prodotti Ogm. Da anni è in corso un lavoro delle Regioni per definire una normativa che definisca la possibile coesistenza tra le diverse coltivazioni (Ogm e non Ogm). Una coesistenza che molti ritengono quasi impossibile data la ridotta estensione delle nostre superfici agricole e in considerazioni dei rischi di contaminare e quindi compromettere le tante produzioni tipiche e di alta qualità dei nostri territori. In attesa di questo lavoro, i vari governi e ministri hanno prevalentemente sostenuto posizioni tese a non dare il via alle coltivazioni di Ogm, ben sapendo che la grande maggioranza dell’opinione pubblica è contraria. Ma atti formali sino ad ora non ne sono stati assunti.
Il ministro dell'agricoltura Mario Catania (già dopo la bocciatura dell'Efsa), ha scritto al collega titolare del dicastero della Salute, Renato Balduzzi, che i risultati dello studio di Seralini lo "hanno fortemente impressionato e a mio avviso dovrebbero essere approfonditi".
Ora però, col pronunciamento della Corte europea citato all’inizio, rischia di avvicinarsi una stretta decisiva. In tempi brevi il Consiglio di stato dovrà infatti emettere la sua sentenza basandosi su quanto detto a Strasburgo. “Credo proprio – continua Fabrizio Fabbri – che la sentenza definitiva dirà che ha ragione l’azienda che ha promosso il ricorso a dire che non le si può impedire di coltivare. A quel punto il governo, come noi della Fondazione diritti genetici abbiamo sollecitato, dovrebbe attivare la clausola di salvaguardia, come già fatto da Austria, Grecia, Ungheria e Francia e dire esplicitamente stop alle coltivazioni Ogm”.
Senza questo passaggio il via libera agli Ogm sarebbe una realtà. Basti dire che un fantomatico Movimento Libertario ha annunciato di avere già pronti in Italia 52 mila sacchi di sementi del Mais Mon810.
“Se su molti aspetti, scientifici e non, è bene continuare il confronto e fare approfondimenti – conclude Fabbri – ci sono però dati che sono una certezza incontestabile. Mi riferisco al fatto che dopo 16 anni di coltivazioni Ogm e in particolare del mais Bt, si sono manifestati insetti resistenti a questi trattamenti. Dunque anche gli Ogm hanno i loro problemi e il fatto che si possano prendere in considerazione altre strade ha un suo documentato fondamento”.

Condividi su

Lascia un commento

Dicci la tua! Scrivi nello spazio qui sotto cosa pensi dell’articolo, la tua opinione è importante per noi.

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.
Devi accettare i termini per procedere

Iscriviti alla
newsletter

di Consumatori

Ricevi ogni mese via mail la rivista digitale e le notizie più interessanti