Ambiente

La città futura

La città futura
Spazi urbani, così si gioca la sfida della sostenibilità

Sebbene siano perlopiù caotiche e inquinate, dispendiose e irresponsabili, le città rimangono comunque il laboratorio più importante a disposizione del pianeta per costruire la transizione verso la sostenibilità economica, sociale e ambientale.
È in corso una trasformazione epocale, quella dalla "città fossile" alla "città rinnovabile".
Glorificate come il motore della crescita dell’economia globale, oggi le città sono il luogo dove vive la maggioranza della popolazione, dove si consuma più del 70% dell’energia e si emette nell’atmosfera il 75% dei gas climalteranti. Ma anche luogo dove si concentra l’attenzione maggiore al cambiamento. Ecco perché le città oggi sono minaccia e speranza nello stesso tempo. E non serve scomodare il concetto di crisi e la sua accezione di opportunità, contemplata dai cinesi. Basta ascoltare dal cuore dell’Europa la voce di Friedrich Hölderlin: "Dove c’è pericolo cresce anche ciò che salva".
Siamo a fine corsa
I pericoli li conosciamo. Siamo a fine corsa. L’umanità ha esaurito il budget naturale a sua disposizione e lo spettro del debito che sta fibrillando il pianeta a livello economico-finanziario, aleggia da tempo anche sul piano ambientale.
È quanto sostiene il Global Fotprint Network (GFN) organizzazione californiana che tiene conto del fabbisogno umano – per esempio delle nostre necessità legate alla produzione di cibo, materie prime e acqua potabile – rispetto alla capacità della natura di rigenerare tali risorse e assorbire i rifiuti o le nostre emissioni di CO2. Sicuramente la partita è globale, ma si gioca localmente: innanzitutto nelle città. Che non sono tutte uguali. Ci sono quelle dei paesi emergenti e quelle dei paesi sviluppati. Che sembrano rincorrersi a vicenda.
Assistiamo infatti a un movimento inverso con le città emergenti a inseguire l’attuale "modello" dei paesi sviluppati e questi ultimi in affanno nel cercare di trasformarlo, dopo aver preso coscienza della sua sostanziale insostenibilità.
Ecco che, a città che esplodono per diventare megalopoli, fanno eco altre che implodono, come Detroit, che con la crisi dell’industria automobilistica ha visto passare il numero dei suoi abitanti dai 2 milioni degli anni ‘50 ai 900 mila odierni. Un’occasione che ha portato l’abbattimento di interi isolati per riconvertirli in parchi, giardini pubblici, orti urbani.
C’è infatti chi pensa a una nuova alleanza tra città e campagna. Ripensando al cibo e alla sua accessibilità a km zero. Città in cui l’architettura si integra con le attività agricole per ridisegnare un paesaggio che sfrutta le facciate delle abitazioni, che mette prati sui tetti e frutteti nei parchi pubblici.
I ciclisti di New York
Città che provano a immaginarsi con strategie a 20 anni come la New York del sindaco Bloomberg che in 5 anni, ha raddoppiato il numero dei ciclisti e favorito la piantumazione di mezzo milione di alberi per poter garantire a ogni cittadino della Grande Mela l’accessibilità a un’area verde entro 10 minuti di strada percorsa a piedi.
Ma le notizie migliori arrivano dal nostro continente. Nell’Europa del Patto dei Sindaci e della strategia 20-20-20 (ne parla il professor Setti nell’intervista in queste pagine), fino all’ultima tra le iniziative del vecchio continente: le Smart City. Si tratta di un programma europeo lanciato questa estate con l’obiettivo di individuare 30 metropoli pilota capaci di indicare la rotta da seguire alle città del futuro.
Su queste città si riverseranno investimenti importanti in cambio di un impegno preciso: ridurre entro il 2020 del 40% le proprie emissioni di gas serra attraverso l’incremento dell’efficienza energetica dei propri edifici, delle reti energetiche e del sistema di trasporti. 
Green city d’Europa
Tra le città europee più green troviamo Amsterdam, Copenhagen, Stoccolma, Amburgo mentre nel nostro Paese Torino, Bari e Genova sono quelle che puntano a candidarsi.
"Le città intelligenti, quelle che stanno cambiando meglio sono quelle che hanno intuito che occorre ragionare a tutto tondo, dice Maria Berrini, presidente dell’istituto di ricerche Ambiente Italia e coautrice con Andrea Poggio di Green Life – Guida alla vita nelle città di domani.
"Serve tenere assieme l’energia, la mobilità, la riqualificazione edilizia, ma anche il recupero delle acque, la gestione dei rifiuti, la creazione di spazi di incontro e in questo senso la Svezia offre esempi da manuale."
Ma segnali d’eccellenza arrivano anche da Vienna eletta città più vivibile del mondo lo scorso anno nella speciale classifica di Mercer e da Amburgo che nel 2011 ha preso il posto di Stoccolma tra le città verdi d’Europa insignite con il Green Capital Award, altra iniziativa della Commissione Europea nata per promuovere e ricompensare gli sforzi di quelle città che stanno mettendo in atto la transizione.
Trasporti ed edifici
I fronti aperti nelle città sono principalmente due e riguardano il settore trasporti e la riqualificazione energetica degli edifici. Nel primo caso il nord Europa detta legge: a Copenhagen o Amsterdam, dove gli spostamenti in bici hanno da tempo superato quelli fatti in automobile; oppure Zurigo dove il trasporto pubblico muove il 63% delle persone lasciando che solo un cittadino su quattro si muova in auto.
Si tratta di modelli trasportistici diversi, ma con un chiaro obiettivo comune: ridurre quanto più possibile l’uso dell’auto privata.
Sul piano della riqualificazione degli edifici la Commissione europea stima al 2020 un risparmio energetico superiore al 25% derivante dal solo comparto residenziale.
Una stima importante e che investe innanzitutto i centri urbani dove si concentra la maggior parte del patrimonio edilizio. In Italia ad esempio, le 16 città metropolitane ospitano oltre il 15% del patrimonio a uso abitativo del Paese. Una risorsa spesso lasciata deperire per far spazio a nuova edilizia che fa crescere in modo incontrollato le periferie. Un assurdo consumo di territorio denunciato anche quest’anno dal Rapporto Annuale Ambiente Italia di Legambiente.
"Dobbiamo evitare di assumere il modello americano di espansione incontrollata delle aree urbane e orientarci sulla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente per renderlo più efficiente – dice Maria Berrini – perché tanto più la città si estende tanto più cresce la sua impronta ecologica". Compattare le città significa renderle energeticamente più sostenibili, ma anche socialmente più coese perché nessuna innovazione tecnologica basterà se non sarà accompagnata da un rinnovamento sociale, culturale e degli stili di vita dei suoi abitanti in carne e ossa.
Città compatte
Occorre concepire le città come organismi viventi e pertanto più vicini alla biologia che all’ingegneria. Sistemi evoluti fatti solo apparentemente di spazi e materia, di pieni e di vuoti, ma in realtà anche di energia, informazione, relazioni, opinione pubblica e desiderio che le rende sempre uniche e in bilico tra possibile e necessario proprio come Fedora la città invisibile immaginata da Calvino che conserva in un museo "tutte le forme che la città avrebbe potuto prendere se non fosse, per una ragione o per l’altra diventata, come oggi la vediamo".
Per poter rinascere le città del futuro dovranno attingere a tutta l’energia locale disponibile, intesa come consapevolezza e partecipazione di tutti gli attori del territorio siano essi istituzioni, imprese o cittadini, tutti destinati a evolversi da semplici utilizzatori finali di un territorio a protagonisti del cambiamento. E chissà che non ci si trovi a utilizzare come "nuovo carburante" il buon vecchio impegno civile inteso come orgoglio e desiderio di consegnare a chi ci seguirà una Città con la maiuscola e finalmente connessa al suo etimo latino: Civitas. Civiltà: la vera posta in gioco.    



Bibì Bellini

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