Ambiente

Conferenza sul clima, gli ambientalisti lasciano per protesta

Citt_smog.jpgLe Ong e le organizzazioni ambientaliste (da Greenpeace al Wwf), hanno abbandonato in segno di protesta la conferenza internazionale sul clima in corso a Varsavia nella quale i rappresentanti di decine di paesi e di organismi internazionali dovrebbero costruire un nuovo accordo sulla riduzione delle emissioni di gas climalteranti (ovvero che alterano il clima). Secondo l’opinione degli ambientalisti “la conferenza, che avrebbe dovuto essere un passo importante nella giusta transizione verso un futuro sostenibile, si avvia ad offrire praticamente il nulla“. Da qui la decisione  di “ritirarsi volontariamente dai colloqui sul clima di Varsavia. Ci concentreremo – spiegano le organizzazioni ambientaliste – su come mobilitare la gente per spingere i governi ad assumere la leadership per una seria azione per il clima”. E’ la prima volta che accade che si abbandoni una Conferenza sul clima.
I punti al centro della Conferenza sono la definizione degli impegni di riduzione per il periodo 2013-2020; la procedura per definire gli impegni nel periodo 2020-2050 e gli impegni finanziari (per mitigazione, adattamento e danni residui). Come spiega il professor Stefano Caserini, sul sito specializzato www.climalteranti.it, “l’articolo 3 della Convenzione sul clima  spiega che le Parti devono proteggere il sistema climatico a beneficio della presente e delle future generazioni, su una base di equità e in rapporto alle loro comuni ma differenziate responsabilità e alle rispettive capacità”. Uno dei punti centrali della discussione in corso è quindi quello del come definire l’equità rispetto agli interventi futuri e del come stabilire le responsabilità dei diversi paesi nell’aver causato il problema e le capacità nel risolverlo.
Il primo protocollo sul clima, nel 1997, il Protocollo di Kyoto, aveva risolto la questione dell’equità in modo abbastanza semplice, attribuendo impegni solo ai paesi più industrializzati. Da allora le cose sono cambiate e le differenze fra i paesi  si sono fatte più sfumate: i paesi in via di sviluppo orami emettono circa il 60% delle emissioni di gas serra. Cina, Corea del Sud, Brasile, India o Sud Africa sono ormai potenze economiche e industriali, il cui contributo per raggiungere obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni è essenziale.
È però vero che le emissioni pro-capite di gas serra (in termini di CO2eq) nel 2010 dell’India (circa 2 tonnellate/anno) o del Messico (circa 6 t/anno) sono molto inferiori a quelle europee (circa 10 t/anno) o statunitensi (circa 22 t/anno). E Cina o Brasile, che hanno emissioni pro-capite più elevate (rispettivamente 7.5 e 10.6 t/procapite), chiedono da tempo di valutare non solo l’attuale fotografia delle emissioni, ma le emissioni cumulate negli scorsi anni, chiedono di valutare una “responsabilità storica”.
(22 novembre 2013, per approfondire www.climalteranti.it)

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