C’è un tesoro, nelle nostre cantine, e non lo sappiamo: un tesoro fatto di silicio, rame, argento e oro; ma anche neodimio, europio, cerio, terbio. Minerali e terre rare che stanno nei telefonini, nei vecchi pc, nelle televisioni e in generale in moltissimi oggetti elettronici ed elettrici. Recuperandoli, facciamo bene anzitutto all’ambiente – perché l’estrazione di questi minerali e terre rare è tra le attività più impattanti, poi perché valorizzandoli impediamo la dispersione di risorse. Quanto? Il costo è presto fatto (e l’ha fatto il Politecnico di Milano per conto del consorzio Rimedia): da 100 vecchi telefonini si possono estrarre 9 chili di rame, 250 grammi di argento e 25 grammi d’oro. Più vari metalli e plastiche che se interamente recuperati potrebbero produrre un valore di 195 milioni di euro anno.
Ecco perché conviene portare nei centri di raccolta dei nostri comuni o riconsegnare al negoziante i vecchi cellulari smartphone e in genere tutto quello che ha una presa di corrente. Specialmente adesso, che è – leggermente – diminuito il consumismo di prodotti elettronici: nel corso del 2012, infatti, la raccolta dei Raee, ovvero i Rifiuti da apparecchiature elettriche e elettroniche, ha registrato per la prima volta dopo 5 anni una diminuzione pari a circa l’8,5% rispetto all’anno precedente. Si tratta di circa 22 milioni di chili in meno rispetto al 2011. Certo, anche l’immesso sul mercato è calato, addirittura del 12%. E dunque, tutto sommato, il sistema funziona.
Anche perché a calare è soprattutto il genere di Raee più voluminoso, ovvero l’R3 (tivù e monitor) con -9,2%: la percentuale negativa si spiega in parte con la conclusione del passaggio al digitale terrestre che negli anni scorsi ha comportato la sostituzione di moltissime vecchie tv. Seguono gli R1, ovvero i frigoriferi, condizionatori e congelatori, con un -6,6% e gli altri grandi elettrodomestici (tipo le lavatrici) con -12,7%.
Calano anche i piccoli elettrodomestici, anche se solo del -3%. A crescere del 7,7% sono invece le sorgenti luminose (R5). “Il calo complessivo – spiega Brenno Pinotti, presidente di Tredcarpi, una delle due aziende italiane a partecipazione pubblica che si occupa di recupero e trattamento di questi rifiuti speciali – si deve a un minore turn over dei Raee, e anche al fatto che i monitor, che costituivano una buona parte di questo tipo di rifiuti, oggi sono assai più leggeri. Per capirci, non ci sono più i tubi catodici, ma per lo più schermi piatti, assai più leggeri”. Se tutti noi, comunque, consegnassimo i nostri Raee da buttare correttamente ai centri di raccolta, si calcola che ne produrremo tra i 12 i 15 chili. L’Obiettivo europeo per il 2016 è di arrivare almeno a 7,5 chili pro capite.
Per il momento, dunque, mancano all’appello almeno 10 chili a testa. Dove sono? In parte ce li teniamo ben stretti. Secondo un’indagine Ipsos in ogni casa ci sono più di 8 apparecchi obsoleti o non funzionanti. Tutta roba che comunque non utilizziamo più. Le pianole – risalenti probabilmente alla nostra infanzia – sono le prime della lista e nel 48% dei casi si tengono anche se non funzionano più. Poi ci sono i monitor a tubo catodico (38%), condizionatori portatili, boiler elettrici, friggitrici, tostapane, videoregistratori…
Un’altra quota dei Raee dimenticati viene smaltita scorrettamente, cioè messa nei cassonetti. Soprattuto piccoli elettrodomestici e cellulari, ma anche lampade a fluorescenza. “Ed è un peccato perché all’interno di molti elettrodomestici – conferma Pinotti – c’è molto valore. Ferro alluminio, rame, plastica. Schede elettroniche, vetro dei tubi catodici. Uno sperpero di risorse utili. Ma a smaltire scorrettamente i Raee c’è anche il rischio di inquinare i rifiuti urbani con materiali che possono diventare pericolosi: anzitutto il cfc, che si trova nei circuiti di refrigerazione di frigoriferi, congelatori, condizionatori. E nel vetro dei tubi catodici delle vecchie tv ci sono polveri fluorescenti tossiche”. Giancarlo Dezio, direttore generale di Ecolight – uno dei maggiori del nostro paese a occuparsi di raccolta e trattamento rifiuti – spiega che i piccoli elettrodomestici “sono rifiuti riciclabili al 97%, perché sono composti di ferro e plastica materiali che possono essere indirizzati verso un percorso di recupero per ottenere materie prime seconde – cioè materie prime derivanti dal riciclaggio – riutilizzabili nei processi produttivi”.
Dunque, dovremmo evitare di buttare nel cassonetto dei rifiuti solidi urbani qualsiasi oggetto alimentato a corrente. Che farne, allora? La corretta scelta di molti è quella di andare ai centri di raccolta (le isole ecologiche, per intenderci) che è il canale preferenziale della maggior parte degli italiani. Vale la pena ripetere che i negozianti al dettaglio (grande distribuzione compresa) sono tenuti a ritirare gratuitamente l’usato nel caso di corrispondente acquisto di un pezzo nuovo in base al decreto “uno contro uno”. Sia nel caso di grandi elettrodomestici, come frigo e lavatrici, che per i più piccoli cellulari. Coop Liguria, per fare un esempio, ha raccolto, nel corso del 2012, 72 tonnellate di Raee. E Coop Adriatica mette anche in vendita prodotti ricondizionati: cioè apparecchi ed elettrodomestici quasi come nuovi, perfettamente funzionanti o con qualche lieve difetto, sottratti alla discarica. Magari c’è anche chi si decide ad aggiustare un oggetto che, prima della crisi, avrebbe semplicemente sostituito. Tenendolo per sé o regalandolo a fini benefici. Ad Amsterdam ci sono i Repair cafè e in Inghilterra è nato il sito therestartproject.org che insegna ad aggiustarsi le cose da soli. E in Italia? A Milano la Pc officina organizza incontri settimanali per insegnare il fai da te della riparazione del computer. E moltissimi comuni dell’Emilia-Romagna hanno dato vita ad “Anch’io pc”, un’iniziativa che si basa, in accordi con gli stessi comuni e la grande distribuzione, sul trashware sulla pratica di recuperare vecchio hard ware, mettendo insieme anche pezzi di computer diversi, rendendolo di nuovo funzionante ed utile. I pc riparati vengono poi utilizzati per corsi di formazione dedicati all’alfabetizzazione informatica, soprattutto degli anziani.
Ma qual è il percorso degli oggetti che decidiamo di buttare, o che – come è nostro diritto – riconsegniamo a chi ci vende un elettrodomestico nuovo? La strada è lunga “L’installatore, o il produttore o l’esercente – spiega Pinotti – , conferisce i Raee ai centri di raccolta, o ai consorzi di produttori i quali a loro volta li portano ai centri di trattamento come Tredcarpi. I centri di trattamento tolgono tutto quello che vale – dalla plastica ai minerali, dalle schede al vetro – e il resto viene smaltito. Bisognerebbe però informare correttamente gli utenti non solo sui centri di raccolta presenti sul territorio – che in larga parte del paese comunque sono carenti o non sono presenti – ma anche sul fatto che sarebbe necessario evitare il danneggiamento o – come si dice – la cannibalizzazione di questi oggetti. Ormai anche da noi – e forse è un segno dei tempi – arrivano oggetti che sono gusci vuoti: spesso nei centri di raccolta avvengono ruberie e incursioni per rubare le parti minerali più remunerative, come serpentine di frigoriferi, il rame, le schede elettroniche”.
Ma anche il mondo dei Raee sta cambiando: “Si stanno aprendo frontiere di recupero di nuovi materiali migliorando tutta la filiera – spiega Pinotti – . E tra un po’ aumenteranno in modo significativo le quote di pannelli solari e fotovoltaici, che sono Raee anche questi. I primi che furono installati a suo tempo ormai devono essere sostituiti. Tutto materiale prezioso da recuperare…”