Ambiente a perdere
Bilancio di un anno difficile, pieno di tagli alle risorse, ma con la speranza che la green economy decolli
Una più forte presa di coscienza da parte delle persone, una gran voglia di partecipare e di riprendersi la parola. Il successo dei referendum sul necleare e sull’acqua pubblica. Eppure, nonostante ciò, il 2011 è stato un anno terribile per l’ambiente. Da dove cominciare, per stilare le voci di un bilancio che è per lo più in negativo? Dai tagli al trasporto pubblico locale, del 65% almeno? O dal totale abbandono delle strategie per raggiungere gli obiettivi del protocollo di Kyoto?
Cominciamo da qualche dato (fonte Wwf): a interventi in campo ambientale – nell’ambito della legge di stabilità – è stata destinata la cifra di 43,697 milioni di euro, equivalenti allo 0,7% del totale della manovra. Nell’anno precedente lo stanziamento era di 5,653 miliardi euro.
Per quanto riguarda i fondi destinati al ministero dell’ambiente, il Wwf parla di vera e propria "liquidazione" operata dal governo Berlusconi: nel 2008 il bilancio di questo dicastero era di 1 miliardo e 649 milioni e nel 2009, primo anno del governo Berlusconi, era già sceso a 1 miliardo e 265 milioni. In quattro anni, complessivamente, le risorse destinate dal governo nazionale a tutela dell’ambiente si sono ridotte di 1/4. "Una delle cose più gravi di questi ultimi anni, in particolare del 2011 – conferma Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente – è l’accelerazione nel taglio dei fondi destinati all’ambiente, sia per quanto riguarda il ministero che per la gestione del territorio in generale – e parlo in questo caso sia dei fondi destinati agli enti locali che della prevenzione del rischio idrogeologico e della protezione civile".
Si dirà che in tempi di crisi l’ambiente è un lusso e che quando si tratta di creare posti di lavoro per combattere la disoccupazione e sostenere i consumi interni, investire per attuare il protocollo di Kyoto o per pulire i fiumi sarebbero soldi buttati… "Eccome no – prosegue Muroni – abbiamo sprecato milioni di euro per il ponte sullo stretto che non si farà mai e adesso risparmiamo sulla gestione del territorio". "In questo paese dobbiamo smettere di parlare di grandi opere che sono costosissime – conferma Stefano Lenzi, del Wwf – quando invece occorrono le risorse per le piccole opere, per piccoli cantieri veri. Cifre rilevantissime, anche nella legge di stabilità, sono destinate alle grandi opere, le cosiddette infrastrutture strategiche: parliamo di oltre un miliardo e mezzo di euro, pari al 27,3% della manovra, mentre mancano ancora oggi all’appello gli 825 milioni di euro per realizzare il programma di piccole e medie opere già deliberate dal Cipe e richiesto a gran voce dall’Associazione nazionale costruttori edili". E a proposito di sprechi, vale la pena riflettere sul conto fatto da Legambiente in occasione delle recenti "emergenze" (ma ripetendosi così spesso, possiamo continuare a parlare di "emergenze"?): il bilancio delle colate di acqua e fango che ha travolto nell’ottobre 2009 Giampilieri e Scaletta Zanclea (Messina), fino agli ultimi eventi in Lunigiana e nella provincia di La Spezia è di circa 640 milioni di euro, ovvero 875mila euro spesi ogni giorno. "Cifre che dimostrano – dice Muroni – che investire sull’ambiente e sulla prevenzione del rischio non è affatto un lusso". "Un lusso, l’investimento sull’ambiente? Per i paesi ricchi come l’Italia è una necessità" – aggiunge Alessandro Giannì di Greenpeace. "Stiamo parlando del fatto, che è necessario investire per difenderci dal cambiamento climatico, mentre noi stiamo facendo il contrario. Non c’è più dubbio infatti che quello che noi chiamamo ‘emergenze’ siano eventi tutt’altro che rari. Basta chiederlo alle assicurazioni, che sono ormai i soggetti più consapevoli della frequenza di questi eventi. Del resto se riduciamo i letti dei fiumi da 150 a 15 metri, come è accaduto in Liguria, veramente pensiamo di cavarcela?" "Munich Re, uno dei colossi di un settore assicurativo sempre più allarmato, ha fatto i conti del 2010: ci sono stati 950 disastri, nel mondo, legati per il 90% a fattori meteo, che hanno prodotti danni per 130 miliardi di dollari", conferma Mariagrazia Midolla, responsabile clima del Wwf.
Secondo una task force dell’Onu, formata da oltre 2mila scienziati esperti di eventi estremi, la crescita delle emissioni serra aggraverà la situazione del clima. In assenza di uno stop ai combustibili fossili (come carbone e petrolio) le ondate di calore in Europa diventeranno sempre più frequenti; le aree aride e semiaride in Africa si espanderanno dal 5 all’8%; si perderà fino all’80% della foresta pluviale amazzonica; il Polo Nord diventerà navigabile d’estate; il pianeta soffrirà sempre più di mancanza d’acqua, e la popolazione sottoposta a stress idrico passerà dal miliardo attuale a 3 miliardi. E per tornare in Italia, il fatto che in pianura padana le piogge siano complessivamente diminuite mentre le alluvioni nel resto d’Italia aumentano, mostra chiaramente che il clima italiano si è tropicalizzato.
Non bastano questi scenari apocalittici a convincerci che è necessario fare marcia indietro? Conviene riflettere allora ai vantaggi anche economici che ne deriverebbero, aggiunge Giannì. "Investire sulle energie rinnovabili – spiega – può diventare uno straordinario volano per l’occupazione, oltre che ovviamente per la tutela dell’ambiente del nostro paese". Ad esempio, la riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle prevede investimenti per 2,5 miliardi di euro (13 terawatt/anno). La forza lavoro prevista per il funzionamento di questa centrale è solo di 200 persone, che salgono a 1.000 nel caso la riconversione fosse a base di energia eolica (3,8 terawatt/anno). Lo stesso dicasi per il solare (1 terawatt/anno): 320 le persone previste a regime per il funzionamento dell’impianto se venisse alimentato con pannelli fotovoltaici. La conclusione di Greenpeace è chiara: "Con il carbone, Enel produce e inquina di più e a caro prezzo, ma occupa meno, in qualche caso molto meno, che con le rinnovabili".
Nessuna buona notizia, nel 2011? La partecipazione e la vittoria ai referendum, contro il nucleare, e per l’acqua pubblica. "Frutto – spiega Muroni – di una accresciuta conoscenza dei temi ambientali. Il fatto che si sia scelto di andare a votare, anche al di là del merito, è una buona notizia. Per quanto riguarda noi, segnalo anche un incremento della partecipazione alle nostre campagne". Legambiente, infatti coinvolge ogni anno centinaia di migliaia di volontari. Qualche cifra? 3.000 partecipano ai campi di volontariato in Italia e all’estero, 700mila, l’esercito di "Puliamo il mondo", 35mila quelli di "Spiagge e fondali puliti", 15mila per "Non scherzate con il fuoco", 118mila quelli della festa dell’Albero… Per finire con la giornata di mobilitazione contro il nucleare che ha visto la partecipazione di circa 30mila persone.
"Ma la notizia migliore di questo ultimo anno – conclude con una nota di speranza Stefano Lenzi del Wwf – è che ormai si è dimostrato che investire sulle energie rinnovabili e sull’ambiente è fattore trainante dell’economia. Il settore ambientale è quello più innovativo e, in una situazione di crisi economica come quella attuale, è l’elemento sostanziale e trainante, quello che può fare la differenza. È un fatto, una realtà che camminerà con le sue gambe".
Secondo alcuni dati presentati alla fiera Ecomondo, infatti, il 30% delle piccole e medie imprese punta sulla green economy per superare la crisi. Nel Manifesto per la crescita, recapitato al governo dagli industriali, c’era anche una previsione di nuova occupazione pari a 1,6 milioni di unità da qui al 2020. Senza investire sulle rinnovabili, l’Italia rischia non solo il suo territorio, ma anche la sua economia.
Silvia Fabbri