Chi non ha mai acquistato, almeno una volta, un integratore alimentare? Tre italiani su quattro dichiarano di averlo fatto nell’ultimo anno. Anche perché, non raramente, sono gli stessi medici a consigliare dei cicli di trattamento al termine di una visita, per combattere piccoli disturbi o migliorare lo stato di forma generale.
La diffusione crescente di questi parafarmaci è confermata dagli ultimi dati raccolti da Nielsen e Gfk Eurisko, riferiti al periodo febbraio 2012-gennaio 2013, secondo i quali gli italiani non rinunciano, nell’ordine, a fermenti lattici, dimagranti, integratori salini (+16,6%), multivitaminici, sistemici per capelli, lassativi, calmanti, ecc. Gli integratori sono tra le poche categoria di prodotto risparmiate dalla crisi, che anche nell’ambito della salute fa sentire i suoi effetti negativi.
Come riportato dal Sole 24 Ore, nel nostro paese si è girata la boa delle 141 milioni di confezioni vendute (+3,1% rispetto ai dodici mesi precedenti) per un fatturato che è arrivato ormai a sfiorare i due miliardi di euro (1.915,5 milioni), in aumento del 2,9%.
Tra i canali distributivi, le farmacie restano predominanti (87,3% la quota del venduto in termini di valore) ma si segnala la rapida crescita della grande distribuzione: a valore l’aumento è del 10,7% mentre le confezioni vendute sono salite del 14,7%.
Il settore, com’è noto, anche in virtù di questo trend positivo fa molto gola alla case farmaceutiche. Il rischio per gli integratori ma soprattutto i consumatori è che antiossidanti o dimagranti siano “venduti” come il toccasana che in realtà non sono. Il Regolamento 1924 della Ue, uscito nel 2006, che disciplina l’utilizzo delle informazioni nutrizionali e sulla salute fornite dai prodotti farmaceutici, si propone per l’appunto di garantire soprattutto il consumatore proteggendolo, con un controllo fin qui piuttosto stretto, dai messaggi pubblicitari fuorvianti che può ricevere.
(19/4/2013)