Ultimamente, anche per merito dell’Expo, si è tornati a parlare di insetti come di un possibile cibo alternativo ad una bistecca di carne! Su questo tema la Fao (Food Agriculture Organization delle Nazioni Unite) sta lavorando da anni e nel 2013 ha pubblicato un documento dal titolo “Insetti edibili: prospettive future per il cibo e per la sicurezza” (si trova sul sito www.fao.org) in cui affronta approfonditamente la questione.
Il punto di partenza è “semplice”: come fornire a una popolazione mondiale, che nel 2050 sarà di oltre 9 miliardi di persone, cibo che sia prodotto in maniera sostenibile, anche in relazione ai cambiamenti climatici che potrebbero portare a una scarsità di risorse per alimentarci tutti? Sono proprio le perplessità sull’attuale modello di consumo e produzione che fanno vedere negli insetti una valida alternativa alimentare.
Un’alternativa che è però già praticata da quasi 2 miliardi di persone che tra Africa, Asia e America Latina, mangiano abitualmente grilli, cavallette, scarabei, formiche e tanto altro. Secondo le stime della Fao gli insetti edibili conosciuti nel mondo sono oggi più di 1900.
Il fatto è che l’uso degli insetti in ambito alimentare o nella produzione di mangimi mostra vantaggi sia di tipo ambientale che salutistico, nonché sociale. Gli insetti commestibili presentano infatti un’alta efficienza di conversione alimentare, ovvero da 2 kg di cibo dato all’insetto si ottiene 1 kg di massa (per capire meglio un bovino ha bisogno di 8 kg di cibo per produrre un kg di carne), producono minor quantità di gas serra e di ammoniaca, si possono nutrire di rifiuti organici trasformandoli in proteine di alta qualità, utilizzano meno acqua rispetto al bestiame convenzionale ed infine l’allevamento di insetti è meno vincolato alla disponibilità di terreno. Inoltre la percentuale di massa dell’animale che viene consumata è superiore rispetto ad altri animali (i grilli ad esempio si consumano al 100% rispetto al pollo che viene consumato circa al 60-65%).
È accertato che i nostri amici insetti contengano proteine di alta qualità e nutrienti analoghi a quelli di carne e pesce, alta quantità di acidi grassi (simile al pesce), siano ricchi in fibre e micronutrienti e siano poveri di grassi.
Non meno importante è l’impatto sociale di questo “nuovo cibo” infatti gli insetti possono essere allevati ma anche raccolti direttamente in natura e possono venire trasformati in prodotti alimentari o mangimi con una modalità relativamente facile.
Per questi motivi la Fao ha lanciato un programma per incoraggiarne l’allevamento su vasta scala. L’uso degli insetti come ingredienti per i cibi è fattibile ed in giro per il mondo vi sono già industrie dedicate a questo tipo di business.
Anche a livello europeo si sta discutendo per legiferare in materia e definire una lista di insetti ammessi: su richiesta della Commissione UE, entro luglio è atteso il parere dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA).
Ovviamente, per noi italiani ed europei, resta un problema che è storico, culturale e di mentalità visto che noi non associamo gli insetti all’idea di cibo. Anche la recente indagine demoscopica Doxa-Coop, che ha messo a confronto le culture alimentari di 8 Paesi del mondo (Italia, Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Russia, Cina, India e Brasile), ha confermato come vi sia ancora una certa riluttanza da parte dei consumatori di molti paesi ad accettare insetti nel piatto, anche se chi li ha provati afferma che siano facili da preparare e molto buoni da mangiare!
In assenza di leggi nazionali che ne regolino la preparazione, la vendita e la somministrazione, Coop ha potuto esporre nell’Exhibition Area del Future Food District di Expo, confezioni di insetti commestibili non destinate al consumo, dopo che Società Umanitaria (partner di Coop ed importatrice delle confezioni dalla Thailandia), ha ottenuto il nulla osta del Servizio Veterinario dell’ASL di Milano. Per questo dobbiamo accontentarci solo di guardare le scatolette di vermi, gli scorpioni ricoperti di cioccolata, spiedini di grilli o…
Resta il fatto che se due miliardi di persone si nutrono già con questi prodotti, cominciamo a immaginare un domani nel quale, per piacere e/o per tutelare l’equilibrio e la sostenibilità del nostro pianeta, una bella cavalletta la mangeremo volentieri anche noi.