Una fotografia scattata in contemporanea sulla tavola dei cittadini di otto paesi del mondo (Italia, Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Russia, Cina, India e Brasile, con 6.400 interviste realizzate a persone tra i 18 ed i 54 anni) per scoprire qual è il loro rapporto col cibo oggi, ma anche come pensano che questo rapporto evolverà domani. Parliamo della complessa e articolata ricerca promossa da Coop assieme all’istituto Doxa proprio in vista dell’Expo milanese.
Partiamo dal presente. Il cibo è un tema fondamentale, che definisce le identità e, infatti, il 45% degli intervistati di paesi così diversi, dichiara di avere un proprio riconoscibile stile alimentare che significa sostanzialmente seguire un qualche tipo di dieta (dettata da esigenze di salute ma anche da convinzioni culturali o religiose) o cercare prodotti di qualità in prevalenza legati al proprio territorio. L’India svetta su tutti e a pensare queste cose è addirittura l’84% dei cittadini. Un 21% di indiani ammette di venir condizionato dalla religione e qui la scelta vegetariana o vegana arriva al 35%. Anche il Brasile sta sopra la media con un 51% dei suoi cittadini che seguono uno specifico stile alimentare. Cinesi e i tedeschi si professano invece più reducetariani (cioè coloro che cercano di ridurre il consumo di carne), mentre il 14% dei russi si sottopone a diete salutiste e i vegetariani o vegani sono l’8% degli abitanti del Regno Unito.
Se poi si guarda alla percezione che oggi si ha nei confronti del cibo questo è sì, in primo luogo nutrimento, ma è anche piacere e un modo per mantenersi in salute. Alla preparazione del cibo si dedicano in media 1,3 ore al giorno, si cucina a casa mediamente 5,4 volte la settimana e quasi cinque giorni su sette a tavola ci sono tutti i componenti della famiglia.
Quanto al futuro, gli intervistati sono sì preoccupati ma non catastrofisti. Alla domanda sul futuro del pianeta l’ottimismo non manca: per il 47% la situazione potrebbe migliorare (un 15% dice decisamente), mentre solo un 28% si dichiara pessimista. Tra paesi però ci sono differenze e proprio in Germani e Italia la quota dei negativi è la più alta (45% e 42% seguite col 38% dagli inglesi). Sorridono al futuro invece i paesi che hanno economie in ascesa: la Cina (84% di giudizi positivi sul futuro) e l’India (74%). Tutti però si mostrano consapevoli del cambiamento che ci aspetta quando si parla di cibo: per il 64% sarà diverso (per un 18% radicalmente), mentre per un 34% cambierà solo in parte. Ma quali sono i cambiamenti attesi? Metà del campione chiama in causa le nuove tecnologie come fattore che farà la differenza (soprattutto per russi e cinesi). Il mondo però mostra anche una buona coscienza verde: il 42% indica nei mutamenti climatici la causa primaria del cambiamento e il 34% cita l’inquinamento e la disponibilità delle risorse naturali. Il 30% infine non dimentica l’aumento della popolazione. E tutto ciò genera preoccupazione.
Che la tecnologia possa non essere salvifica ma addirittura un fattore di rischio lo temono soprattutto gli italiani (il 70%) esattamente come i russi, seguono tedeschi e brasiliani. Che l’inquinamento possa avere ricadute sull’alimentazione lo denuncia il 66% degli italiani e il 68% dei russi. Gli italiani temono più degli altri la minaccia di poteri e logiche economiche (38%).
Il cibo che ci si aspetta sarà dunque, nelle previsioni degli intervistati, geneticamente modificato (Ogm), prodotto in laboratorio, ci saranno pillole e carne sintetica, non mancheranno le alghe, ma sarà comunque un cibo dalle proprietà nutrizionali bilanciate. Se permangono dichiarazioni di ostilità, di fronte a tali trasformazioni si registrano anche aperture: i più inclini al cambiamento sono indiani, cinesi e brasiliani, ma anche un 70% di italiani potrebbe provare il cibo in pillole e il 44% dei nostri connazionali non si tirerebbe indietro di fronte a un insetto.