A volte la diagnosi arriva inaspettata, cade come una tegola sulla testa, perché mai prima di quel momento si era sospettato di soffrire di celiachia. Ad Anna – nome di fantasia, storia verissima – è andata così: un’anemia che non trovava soluzioni l’ha accompagnata per anni, ma solo quando a suo figlio è stata diagnosticata la celiachia, e i medici hanno consigliato il test a entrambi i genitori, ha scoperto di esserne affetta. «Per una vita ho mangiato pane, pasta, pizza, senza accusare un solo disturbo intestinale, nel frattempo giravo tra medici e ospedali per capire quale fosse la causa di quei valori del sangue sempre fuori norma», racconta. Come ad Anna, succede a tantissimi. Nella maggior parte dei casi la celiachia si presenta in forma atipica, senza i segnali che solitamente associamo alla patologia.
«Le ultime ricerche hanno mostrato che moltissime persone sono persino asintomatiche», spiega Elena Lionetti, professoressa associata in Pediatria alla Clinica pediatrica dell’Università Politecnica delle Marche e componente del board dell’Associazione italiana celiachia (Aic): «Un recente screening effettuato su un campione di popolazione ha rilevato un’incidenza della malattia dell’1,6%, ancora più alta delle stime ufficiali, che sono all’1%». In Italia, secondo l’ultima relazione annuale al Parlamento sulla celiachia, al 2021 i casi accertati sono 241.729, ma si stima siano in realtà circa 600 mila, uno su 70.
«Ogni anno sono circa 9 mila le nuove diagnosi, ma quello che noi vediamo è solo la punta di un iceberg. Quasi due terzi dei pazienti resta sommerso, e non è un bene. Anche quando non si presenta con classici sintomi, la malattia “lavora” e danneggia l’organismo», continua Lionetti.
Una malattia autoimmune Come il diabete, la celiachia è una patologia autoimmune. L’assunzione di glutine – presente nei cereali di uso comune come frumento, farro, segale, orzo… – induce la produzione di anticorpi che attaccano l’intestino, ma i suoi effetti raggiungono anche altri organi, ed ecco il perché di manifestazioni apparentemente atipiche, come appunto l’anemia, la dermatite, la cefalea e la stanchezza, persino l’alopecia.
«Se non curata, questa malattia può portare gravi scompensi, basti pensare all’osteoporosi precoce per le donne, e in alcuni casi anche malattie gravi come il linfoma intestinale. Va data quindi molta attenzione a questi segnali», precisa l’esperta (vedi box nella pagina accanto). La celiachia può colpire a tutte le età, e da essa non si guarisce. La buona notizia, è che abolendo dalla dieta gli alimenti con glutine, si possono però evitarne gli effetti. «L’Italia è molto avanti sul fronte dell’assistenza, e questo è un bene per i malati. Esistono in tutte le regioni iter diagnostici codificati e controlli periodici, e abbiamo i mezzi per trattarla nel migliore dei modi, restituendo ai pazienti una buona qualità della vita», spiega Caterina Pilo, direttrice generale dell’Associazione italiana celiachia.
Buoni spesa per nutrirsi Nel nostro Paese, ogni paziente ha diritto a una quota di buoni spesa per acquistare alimenti di prima necessità specificamente formulati per persone celiache: «È l’Asl a distribuirli mensilmente, e la quota di ciascuno viene stabilita sulla base dell’età e del sesso, considerando che il fabbisogno di energia giornaliero di ciascuno va coperto per il 55% da carboidrati, di cui il 20% naturalmente privi di glutine, come riso, mais o patate, e il 35% da prodotti senza glutine specificamente formulati, quelli acquistabili con i buoni», dice la Pilo. I tetti di spesa vanno da un minimo di 56 a un massimo di 124 euro.
Il sistema dei buoni si è evoluto nel tempo: dai vecchi cartacei si è arrivati a quelli digitali, che mancano però ancora in Abruzzo, Molise, Sicilia e Sardegna. Possono essere spesi in farmacia ma anche, in buona parte delle Asl, nella grande distribuzione organizzata (Coop compresa), con l’eccezione di Sardegna e Sicilia, dove si attende questo ultimo step. «Negli anni si è cercato di rendere questo strumento più fruibile, affinché ogni famiglia possa avere a disposizione più canali per l’acquisto. Inoltre, ci siamo battuti perché tra i prodotti erogabili, acquistabili cioè con i buoni, non ci fossero solo pane, pasta o beni di primissima necessità, ma anche basi per pizze, alcuni cibi pronti», spiega Pilo.
Ai pazienti non resta che acquistare i prodotti giusti facendo attenzione a distinguerli al supermercato, ed evitare contaminazioni con alimenti che contengono glutine. «Non è necessario usare pentole e stoviglie separate, ma vanno lavate accuratamente. Anche l’ingestione di una minima quantità di glutine può scatenare la risposta immunitaria, vanificando i sacrifici fatti», chiarisce Elena Lionetti. Sul fronte sanitario, i pazienti si devono invece sottoporre a controlli periodici. In virtù dei nuovi Livelli essenziali di assistenza approvati nel 2017, che hanno identificato la celiachia come malattia cronica, dovrebbero essere gratuiti in tutte le regioni. «Ma non dovunque sono stati pienamente applicati. La nostra prossima battaglia è di estendere questa norma a tutte le regioni».
Al supermercato, come riconoscere gli alimenti senza glutine
La spiga barrata – Individua gli alimenti adatti alle persone con celiachia. Simbolo diffuso in tutti i continenti, in Italia viene rilasciato dall’Aic a quei prodotti senza glutine che rispondono a un rigoroso disciplinare tecnico.
Il simbolo verde – Individua i prodotti senza glutine che possono essere acquistati utilizzando i buoni erogati dalla Asl, in farmacia o al supermercato (nelle Regioni dove è consentito). I prodotti erogabili sono pane e prodotti da forno; pasta, pizza, piatti pronti a base di pasta; preparati e basi pronte per dolci, pane, pasta, pizza; prodotti da forno e dolci in generale; cereali per la prima colazione.
L’etichetta – Molti alimenti processati possono contenere glutine tra gli ingredienti, ma nel caso è obbligatorio indicarne la presenza. È quindi sempre bene leggere l’etichetta con attenzione.