Gli italiani sono tra i più grandi consumatori di carne in Europa (e in particolare di quella bovina). Carne ne mangiamo mediamente 40 chili all’anno e di questi 21,4 provengono da bovini.
L’impatto ambientale della produzione e del consumo di carne (in termini di emissioni di CO₂) è decisamente più alto di quello di frutta, verdura, pasta, cereali e altri alimenti. E, giustamente, in tempi in cui tanto si parla di riscaldamento globale e sostenibilità, l’attenzione dell’opinione pubblica si sta sempre più concentrando su questo aspetto.
Partendo da questa fotografia Coop si è proposta un obiettivo ambizioso che il direttore generale di Coop Italia, Maura Latini, spiega così: “Abbiamo deciso di capire meglio, e in tutti i suoi aspetti, il significato e le conseguenze del consumo di carne. Ecco dunque la decisione di ottenere una certificazione EDP (Environmental declaration product) per le nostre carni bovine, scoprendo inoltre di essere i primi nel mondo a farlo. Questa certificazione ci consente di rendere trasparenti e disponibili a tutti i dati sull’impatto ambientale, secondo le nostre modalità di allevamento e lavorazione, che comunque sono già decisamente migliori rispetto alla media. Partendo da questi dati e sapendo quanto questo impatto sia rilevante nel raffronto con altri alimenti, vogliamo muoverci verso due obiettivi importanti. Il primo è quello di un preciso impegno a migliorare e ridurre questi impatti con interventi sugli aspetti più pesanti dei nostri allevamenti e dell’intera filiera. In secondo luogo, riteniamo che, inserendo il tema del consumo di carne, in una riflessione complessiva sulla nostra alimentazione, che abbia come riferimento una dieta corretta ed equilibrata secondo le indicazioni della piramide alimentare elaborata dall’Inran, si possa verificare come un consumo di carne che rispetti queste indicazioni, sia una scelta sostenibile”.
Ecco quanto “pesa” un chilo di carne
Se questi sono gli obiettivi, tanti sono i dati e il lavoro che ci stanno dietro. Cominciamo da quanto la certificazione EPD ha rilevato sulle carni Coop. Per ogni chilogrammo di carne di bovino adulto a marchio Coop, vengono emessi mediamente 23,8 chilogrammi di CO₂ (per un vitello a carne bianca siamo a 22,2 kg di CO₂. Questo dato è riferito ad 1 kg di carne edibile, al netto delle ossa. Di questi 23,8 kg di CO₂, ben 20,1 sono legati alla fase di allevamento, mentre decisamente più ridotto è l’impatto delle altre fasi: 0,2 kg per il trasporto, 1,9 kg per la macellazione, 0,7 kg per il trattamento nel punto vendita, 0,7 kg per le preparazioni a casa del consumatore e 0,2 kg per il confezionamento. Nei 20,1 kg nella fase di allevamento, incidono in maniera significativa la gestione delle deiezioni (ovvero lo smaltimento degli escrementi animali) e l’alimentazione.
Rispetto ai dati scientifici disponibili, gli allevamenti Coop si collocano già oggi al di sotto della media. Il dato disponibile deriva dalle indagini effettuate dal Centro studi Barilla ed è di 25,6 kg di emissioni di CO₂ per chilo di carne. Facendo un raffronto (con lo stesso sistema di calcolo) il valore che si ottiene per il bovino adulto Coop è di 18,2 kg di emissioni dunque è di circa il 29% inferiore (va precisato che il dato Coop riferito alla certificazione EPD è più alto di questo 18,2 perché include anche le fasi successive alla macellazione, esprimendo gli impatti per chilogrammo di carne edibile, arrivando quindi fino al consumatore).
“Nonostante il differenziale positivo delle carni Coop, emerso grazie al lavoro fatto per ottenere la certificazione EPD – spiega Claudio Mazzini, responsabile sostenibilità, innovazione e valori di Coop Italia – ci siamo assunti un impegno di miglioramento, da portare avanti assieme a tutti gli attori della nostra filiera, su alcune delle fasi che hanno maggiore impatto. Coop è l’unica che può fare l’EPD, perché è l’unica che può misurare l’impatto dell’intera filiera, e può ragionare di miglioramenti in prospettiva. In alcuni allevamenti, ad esempio, stiamo rendendo operativi impianti di digestione anaerobica, che consentono di valorizzare le deizioni degli animali, ricavandone energia elettrica e termica”.
La carne nella piramide alimentare
Un secondo aspetto da approfondire, rispetto al tema del consumo di carni (bovine e non) è di valutare questo consumo come uno dei capitoli dell’alimentazione complessiva. All’inizio abbiamo ricordato come gli italiani consumino 40 chili di carne all’anno, ma c’è da aggiungere che questo consumo è in calo. Secondo le stime dell’Inran (l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione), dai 128 grammi al giorno dei primi anni ’80, si è passati ai 129 grammi di metà anni ’90, per scendere ai 110 grammi del 2005/2006 (ed è certo che la crisi più recente abbia ulteriormente abbassato il dato). Dunque il consumo di carne cala per avvicinarsi sempre più (perché questo deve essere il traguardo) alla proporzione indicata nella piramide alimentare, secondo la quale, mentre ogni giorno nei nostri pasti ci devono essere più porzioni di frutta, verdura, pasta, riso e cereali (e tanta acqua), per carne, salumi, pollame (e anche per i dolci) basti prevederne al massimo due/tre porzioni a settimana.
Se questo è dunque l’equilibrio ideale indicato dai nutrizionisti, per godere dei tanti pregi della dieta mediterranea, allora anche il peso (nel senso di impatto ambientale) della carne, va misurato secondo questo schema. Qui è evidente che, al di là delle medie e delle statistiche, ognuno è padrone delle proprie scelte e dovrà misurare quanto la sua dieta di oggi corrisponda (o si allontani) dai criteri ideali indicati dall’Inran. Detto brutalmente, una fiorentina al giorno è decisamente troppo, una alla settimana può andare.
Sicuramente Coop considera anche questo suo lavoro sulle carni bovine come una tappa affinché questi criteri diventino sempre più patrimonio comune (e alcuni dati confortano in questa direzione). “La carne, nella giusta misura, è una componente essenziale di una dieta corretta, come i nutrizionisti ci insegnano – spiega ancora Claudio Mazzini – Se invece si va oltre queste indicazioni, allora non solo non si fa bene all’ambiente, ma non si fa bene alla propria salute. Dunque è questo il quadro del nostro ragionamento e per questo una realtà come Coop vuole continuare a proporre carni certificate e di ottima qualità, con controlli accurati lungo tutta la filiera, sia per la parte delle garanzie sulla sicurezza, sia sul lato dell’impatto ambientale. E questo ci porta alla fine a dire che, se si consumano le quantità previste, allora anche l’impatto ambientale è da ritenersi sostenibile e sostanzialmente pari a quello delle altre famiglie di alimenti previste nella nostra dieta”.
Il conto lo si può fare anche da soli. Infatti già da diversi mesi Coop, nel segno della trasparenza e del favorire la consapevolezza dei consumatori, ha messo a disposizione di tutti su internet (www.e-coop.it/coopco2/) un calcolatore dell’impatto della propria spesa e quindi di ciò che mangiamo. Un gioco, in realtà molto serio, che tutti possono usare per vedere quanta CO₂ c’è nel nostro carrello. Ebbene proprio partendo da questi semplici meccanismi di calcolo, se si mangiano carne, pesce e uova secondo quanto prevede la piramide Inran, il peso settimanale di CO₂ è di 6 kg, mentre quello per ortaggi e frutta (sempre in base alla piramide Inran) è di 5,6 kg, quello per latte e derivati è di 5,5 kg, quello per cereali e tuberi 3,3 kg, quindi possiamo dire che per gruppi di alimenti, gli impatti sono tra loro simili.
Il peso economico del settore
Ovviamente queste stime e indicazioni che tendono a migliorare i comportamenti alimentari complessivi, lasciano più che mai aperto lo spazio a scelte individuali che vadano anche in altre direzioni. Il numero di persone che scelgono di non mangiare carne (dai vegetariani ai vegani) è sicuramente crescente, sulla base di scelte che guardano sia alla salute che agli aspetti di sostenibilità ambientale.
A conclusione di questa analisi, aggiungiamo anche alcune cifre relative al peso economico che l’allevamento di bestiame e l’industria ad esso legata, ha assunto nel nostro paese. Solo di bovini in Italia sono presenti ben 86.733 allevamenti. Ci sono poi 1.324 imprese di macellazione considerato che i capi lavorati ogni anno sono circa 4 milioni. Il volume economico del settore è di 3 miliardi e 750 milioni di euro solo se riferito agli allevamenti, cresce a 5 miliardi e 920 milioni includendo la macellazione e arriva a 13 miliardi e 880 milioni con la vendita dei prodotti finiti nei supermercati, nei ristoranti e nelle mense. Dunque parliamo di un pezzo importante di economia che è anche un pezzo della tradizione gastronomica di questo paese.
Dario Guidi (Ottobre 2013)